In un periodo in cui nello sport si parla sempre più spesso di discriminazioni ed intolleranza, il gesto di Ivan Kocman, ex giocatore del Kras Repen arriva come un fulmine a ciel sereno; presentarsi alla partita tra Slovenia e Serbia degli Europei con la scritta "Trst je naš" rischia di rinfocolare polemiche di cui si sarebbe volentieri fatto a meno.
L'episodio è stato raccontato da Gabriele Lagonigro sul quotidiano sportivo online di Trieste, Citysport. "Una provocazione di cui non sentivamo il bisogno" sottolinea Lagonigro, che definisce questo post non solo "una caduta di stile ed anacronistica", ma anche "offensiva agli occhi di buona parte della città".
"Solo pochi giorni fa" - riporta ancora Citysport - "Goran Kocman, presidente del Kras Repen e padre di Ivan, in un'intervista a Tuttocampo aveva sottolineato come troppo spesso sui campi c'è qualcuno che storce il naso davanti a chi parla sloveno e nel corso della stagione anche altre società del Carso avevano lamentano episodi di vero e proprio razzismo nei loro confronti. Nulla giustifica l'intolleranza e la discriminazione, ma allo stesso modo non può essere archiviata come semplice goliardata la bandiera esposta a Monaco", conclude Lagonigro nell'articolo, rilevando come alle parole del padre non seguano le azioni del figlio.
Spostandoci di qualche chilometro, ad Udine è stato presentato il nuovo allenatore dei bianconeri, Kosta Runjaić, nato a Vienna, di nazionalità tedesca, ma con origini croate. Un cosmopolita, che alla richiesta di parlare dei natali della sua famiglia ha affermato di sentirsi jugoslavo. “Non è vero, come leggo che si scrive in diversi siti, che sono croato. O meglio, ho dei parenti a Zagabria, come ne ho a Curzola, in Dalmazia, in Bosnia e in altre zone della penisola a noi molto vicina. Per quello dico che sono jugoslavo" ha precisato Runjaić, cha ha aggiunto "sono stato fino ai tre anni con mia nonna, in una cittadina vicino a Belgrado e in base a quelle che sono le distinzioni che si fanno ora sarei serbo". “Se mi dichiarassi tale però - afferma ancora l’allenatore - assumerei un significato che non mi appartiene. Mi sento davvero jugoslavo, perché è in quel paese che sono cresciuto all'inizio della mia vita”, rifiutando quindi qualsiasi connotazione nazionalista.
Davide Fifaco