I poster erano apparsi, come di consueto, pochi giorni prima delle feste di Natale. Quella di comunicare il proprio pensiero tramite dei mega manifesti è ormai una tradizione per l’ex deputato e senatore Giulio Camber: dominatore assoluto della politica del capoluogo giuliano negli anni 80 e 90, fondatore e anima della corrente di destra e poi leader della Lista per Trieste, poi entrato in Forza Italia, Camber era gradatamente uscito dalla politica attiva e dalla vita pubblica dopo essere stato coinvolto nel crack della Tržaška Kreditna Banka nel ‘94, ma rimane comunque un esponente di spicco del centro destra, un personaggio influente per la politica della città, con una particolare attenzione per lo scalo giuliano.
Già negli anni scorsi i manifesti, firmati semplicemente “Giulio”, che veicolavano messaggi tramite vignette tanto colorate quanto semplici, diventate immediatamente riconoscibili per lo stile, avevano contrastato la possibilità di una crescente presenza degli investimenti cinesi nel porto di Trieste, una scelta che era invece stata chiaramente indicata da un accordo internazionale nel 2019, raffreddatosi poi a causa della contrarietà del governo giallo verde, e in seguito per la pandemia.
Una tema si cui però di quest’anno Camber è ritornato, attaccando frontalmente la presenza della Cina nello scalo e in città: i manifesti, piazzati in strade chiave, rappresentano un enorme dragone rosso che, mangiandosi un albero di natale, minaccia un’anziana che a sua volta si difende con uno scudo per proteggere un bambino. La scritta lascia poco spazio all’interpretazione “Covid da Wuhan… a Trieste”, facendo riferimento alla teoria che la pandemia sia “colpa” dei cinesi.
La città sembrava essersi abituata agli interventi grafici dell’ex senatore, che solitamente provocavano solo dei commenti politici, ma quest’anno c’è stata anche la reazione della comunità cinese, che ha scritto una lettera al comune e alla prefettura ritenendo l’immagine lesiva della dignità della comunità, ormai molto numerosa e presente da tempo a Trieste.
Non c’è stata però solo la reazione istituzionale della comunità cinese, perché a contrastare la campagna grafica anti cinese del “deus ex machina” del capoluogo giuliano ci hanno pensato anche i vandali: alcuni manifesti sono infatti stati strappati e istoriati con scritte che attaccano il comune, e accusano i poster d’istigare all’odio razziale.
Gesti che probabilmente non scoraggeranno la campagna di Camber contro gli investimenti cinesi nello scalo triestino: un processo che è destinato a riprendere, di cui ha parlato dopo la conferma allo guida dello scalo anche il Presidente dell’Autorità portuale Zeno d’Agostino, e che sembra, più che eventuale, inevitabile per intercettare i traffici che giungono da oriente, ma a cui Camber sembra volersi opporre senza esclusione di colpi, non esitando ad agitare i pericoli di deriva dittatoriale e antidemocratica per la città se aumentasse l’influenza di Pechino sugli affari del Porto di Trieste.
Alessandro Martegani