La cybersicurezza è stata al centro della prima giornata e in generale di tutti i lavori del G20 che si chiude oggi a Trieste, e che ha riunito nel capoluogo giuliano 35 delegazioni, un gruppo di paesi che rappresenta l’80 per cento della ricchezza mondiale, e il 60 per cento della popolazione del pianeta.
La transizione digitale è ormai una realtà più che un progetto, e, come è stato sottolineato nel corso dei lavori, deve essere portata avanti con rapidità ma anche senza lasciare indietro le imprese e i paesi più deboli. Molta attenzione però, ha sottolineato il ministro italiano dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, deve essere riposta sulla sicurezza delle reti, come dimostra anche il recente attacco che ha bloccato per giorni i sistemi della regione Lazio: “Sappiamo perfettamente – ha detto - che, legati a questa trasformazione, ci sono anche dei rischi, rischi che sono diventati evidenti proprio in questi giorni a livello sia italiano sia internazionale, Sulla sicurezza dobbiamo ovviamente lavorare e migliorare: non trascuriamo che, associati a questi enormi progressi e ai vantaggi offerti dalla trasformazione digitale, ci sono anche dei rischi connessi, su cui dobbiamo evidentemente attrezzarci”.
E proprio sulla sicurezza è stata incentrata anche parte della dichiarazione finale della prima giornata, che sottolinea anche come la trasformazione digitale delle attività produttive debba andare a favore di una crescita economica sostenibile, con un’attenzione particolare alle micro, piccole e medie imprese, all’inclusione sociale, allo sviluppo e all’applicazione di tecnologie innovative, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Fra le altre cose si prevede anche la creazione di un gruppo di lavoro permanente sulla Digital Economy fra gli stati partecipanti al vertice.
La seconda giornata, presieduta dalla ministra italiana della ricerca Maria Cristina Messa, è stata dedicata al tema della formazione, per sviluppare le competenze che servono per programmare e gestire la transizione digitale, creando anche uno spazio comune della ricerca e della formazione e favorendo l’accesso ai dati, la misurazione e la certificazione delle competenze.
Gestire le nuove competenze in continua evoluzione, sfruttare il potenziale della tecnologia digitale nel rispetto dei principi e dei valori etici, e promuovere l’utilizzo di infrastrutture digitali comuni per favorire la collaborazione nella ricerca, nella scienza e nell’istruzione sono stati i tre principi sui quali i paesi riuniti al G20 di Trieste hanno concordato di continuare a collaborare nella dichiarazione finale della seconda e conclusiva giornata del vertice organizzato nel capoluogo giuliano.
Dopo i ministri del digitale, anche quelli della ricerca dei paesi del G20, riuniti, per la prima volta, accanto ai rappresentati delle organizzazioni internazionali come l’Ocse e l’Unesco, hanno concordato sulla necessità di una transizione digitale “che porti a una ripresa e a una crescita forti, sostenibili e resilienti”.
Fra gli impegni anche quello di “promuovere lo sviluppo tecnologico incentrato sulla persona, aumentando l’accesso alla ricerca e all’istruzione superiore per tutti”, affrontando il “divario digitale” e mitigando “i rischi di sicurezza negli ambienti digitali in modo inclusivo ed equo”, un tema che aveva dominato la prima sessione di lavori e la dichiarazione finale della prima giornata.
I ministri della ricerca hanno anche sottolineato la necessità “d’incoraggiare il continuo scambio e il rafforzamento della collaborazione e della cooperazione in ricerca e istruzione superiore a livello internazionale”.
Nel corso delle giornate, vissute con tranquillità in città, visto l’impatto trascurabile sulla viabilità e sulla vita cittadina, non è mancata anche qualche polemica, come quella lanciata da Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste, che ha sottolineato come “il mondo della scienza in città non sia stato coinvolto nel G20, che poteva invece – ha aggiunto - essere opportunità anche di eventi a latere per sfruttare la presenza di tanti esponenti, un'occasione che forse non capiterà più”.
Dopo i ministri del digitale, anche quelli della ricerca dei paesi del G20, riuniti, per la prima volta, accanto ai rappresentati delle organizzazioni internazionali come l’Ocse e l’Unesco, hanno concordato sulla necessità di una transizione digitale “che porti a una ripresa e a una crescita forti, sostenibili e resilienti”.
Fra gli impegni anche quello di “promuovere lo sviluppo tecnologico incentrato sulla persona, aumentando l’accesso alla ricerca e all’istruzione superiore per tutti”, affrontando il “divario digitale” e mitigando “i rischi di sicurezza negli ambienti digitali in modo inclusivo ed equo”, un tema che aveva dominato la prima sessione di lavori e la dichiarazione finale della prima giornata, che prevede anche la creazione di un gruppo di lavoro permanente sulla Digital Economy fra gli stati partecipanti al vertice.
I ministri della ricerca hanno anche sottolineato la necessità “d’incoraggiare il continuo scambio e il rafforzamento della collaborazione e della cooperazione in ricerca e istruzione superiore a livello internazionale”.
Nel corso delle giornate, vissute con tranquillità in città, visto l’impatto trascurabile sulla viabilità e sulla vita cittadina, non è mancata anche qualche polemica, come quella lanciata da Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste, che ha sottolineato come “il mondo della scienza in città non sia stato coinvolto nel G20, che poteva invece – ha aggiunto - essere opportunità anche di eventi a latere per sfruttare la presenza di tanti esponenti, un'occasione che forse non capiterà più”.
Alessandro Martegani