Non è stata una cerimonia come le altre quella di oggi alla Foiba di Basovizza, monumento nazionale dove è stata celebrato il Giorno del Ricordo, a 20 anni dall’approvazione della legge che istituì la giornata dedicata alla memoria alle vittime delle Foibe e al dramma dell’esodo.
Il ventennale aveva già fatto assumere un’importanza particolare alla ricorrenza, alimentata però dalla presenza di molti esponenti del governo, a partire dalla premier Giorgia Meloni, giunta a Basovizza accanto al vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e ai ministri della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, dello Sport e Giovani, Andrea Abodi.
Una presenza che ha richiamato alla Foiba di Basovizza migliaia di persone, che hanno iniziato a convergere sul monumento nazionale sull’altopiano carsico con largo anticipo.
Meloni ha preso posto accanto alle autorità, fra gli altri il governatore Massimiliano Fedriga e il sindaco Roberto Dipiazza, oltre al presidente della Lega nazionale Paolo Sardos Albertini, e ha deposto una corona base della Foiba, raccogliendosi per qualche istante.
Dopo le deposizioni e la funzione religiosa, è stato il momento degli interventi, giocati quasi tutti sullo stesso tema: il dovere della memoria e la lotta a ogni tipo di negazionismo sulla vicenda delle Foibe.
“Dopo 20 anni – ha detto Sardos Albertini, che ha aperto la serie di discorsi – è tempo di bilanci: la legge ha funzionato bene, anche se rimane molto da fare per stimolare il mondo della scuola. Il nostro motto - ha aggiunto - è stato sempre ‘Ricordare per capire’: ora che la memoria c’è, dobbiamo lavorare sul capire”. Sardos Albertini ha anche ricordato la figura del presidente Francesco Cossiga, il primo Presidente della Repubblica italiana rendere omaggio alla Foiba nel 1991 (molto citato nella giornata di oggi), fra i primi, ha detto, a sollevare la cappa di silenzio e oblio calata sulla tragedia delle Foibe e sul dramma dell’Esodo.
Molto appassionato l’intervento del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che ha ricordato alcune figure di martiri delle Foibe: “Negare questi fatti cercando di rimuovere il ricordo di un crimine, vuol dire commetterlo di nuovo”, ha detto, sottolineando che “a nome della città i parlamentari del centrodestra di questa regione stanno discutendo e portando avanti nella Commissione affari Costituzionali della Camera una proposta di legge per la revoca dell’alta onorificenza al carnefice Tito”. “Al momento purtroppo, - ha aggiunto - nonostante tutto ciò che la storia racconta, alcuni deputati della sinistra e centrosinistra ritengono ancora inopportuno togliere l'onorificenza a Tito: dico a queste persone che le Foibe e l'Esodo sono una tragedia del nostro Paese, non di una parte e chiedo a queste persone di fare parte di questo momento storico”. “Ricordo a queste persone - ha ribadito - che continuare a negare questi fatti cercando di rimuovere il ricordo di un crimine, vuol dire commetterlo di nuovo”.
Anche il governatore Massimiliano Fedriga, ha ricordato come la negazione degli anni passati delle vittime delle Foibe e del dolore vissuto dagli esuli, non sia una “cosa normale”. La legge che ha istituito il Giorno del Ricordo, le iniziative per diffondere la memoria, la stretta di mano dei presidenti Mattarella e Pahor di fronte ai luoghi della memoria, ha aggiunto, sono tutti passi necessari per assicurare un futuro ai nostri giovani e “chi nega le verità sulle Foibe – ha concluso – nega il futuro”.
La cerimonia si è chiusa con l’intervento della premier Meloni, la prima Presidente del Consiglio a partecipare in questa veste alla cerimonia di Basovizza, che ha ricordato di essere venuta “molte volte qui, da ragazza quando farlo era essere additati, accusati, isolati. Sono tornata da adulta – ha spiegato - a celebrare finalmente quel giorno del Ricordo che spazzava via una volta per tutte la congiura del silenzio che per imperdonabili decenni aveva avvolto la tragedia delle foibe e il dramma dell'esodo nell'oblio dell'indifferenza”.
Meloni ha ribadito di essere presente a Basovizza “per chiedere ancora perdono a nome delle istituzioni di questa Repubblica per il colpevole silenzio che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale e per rendere omaggio a tutti gli istriani i giuliano-dalmati per rimanere italiani decisero di lasciare tutto, case, beni, terreni per restare con l'unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro e cioè l'identità”.
La premier, dopo aver ricordato vicende come quella di Angelo Adam, fiumano sopravvissuto a Dachau e scomparso dopo esser stato arrestato dalle truppe di Tito, o del vescovo di Fiume Ugo Camozzo, che tagliò il tricolore in tre parti per portare la bandiera con sé lasciando la città, ha sottolineato come questi italiani abbiano scelto di esserlo due volte “per nascita e per scelta” e come lo Stato debba chiedere scusa per gli anni di oblio in cui furono lasciate le vittime e chi fu costretto ad abbandonare tutto:
“Dobbiamo ricucire quel sentimento di solidarietà sul quale qualsiasi nazione degna di questo nome si fonda, è una solidarietà all'insegna della verità storica, che per noi è un patrimonio da condividere anche con i popoli delle Repubbliche di Slovenia e Croazia con lo stesso spirito di pacificazione che ha portato le città di Gorizia e Nova Gorica a condividere la candidatura, e poi a ottenere insieme l'assegnazione di Capitale europea della cultura del 2025”.
Dopo la cerimonia la Premier ha presenziato all’inaugurazione del “Treno del Ricordo”, il treno museo che attraverserà il paese “non per riaprire le ferite del passato – ha detto -, non per dividere ancora, ma per chiudere un cerchio, per sanare quella vergogna e ricucire quel sentimento di solidarietà su cui ogni nazione si fonda”.
Alessandro Martegani