Alcuni profughi ucraini hanno deciso di rimanere in Friuli-Venezia Giulia, altri si sono trasferiti in altre zone dell'Italia od in altri Paesi europei, altri ancora sono rientrati in Ucraina. In diminuzione, invece, i nuovi arrivi ma anche le donazioni da parte dei privati. Affievolito lo slancio di molte famiglie che all'inizio del conflitto avevano aperto le porte di casa ai profughi, portando alla conclusione delle esperienze di coabitazione.
Lo spiega il quotidiano di Trieste "Il Piccolo", precisando che a porre fine alle situazioni di convivenza spesso sono state le difficoltà legate alla lingua, ma anche i differenti stili di vita e la vera e propria impossibilità di sostenere i costi dell’accoglienza in un momento difficile, tra caro bollette e caro spesa.
Come spiegano fonti della Caritas, "le donazioni dei privati, consistenti nel primo periodo, oggi sono calate radicalmente, e diverse famiglie hanno dovuto interrompere l’accoglienza in casa propria. Era prevedibile che questa guerra non sarebbe stata breve e tante persone, spinte da un sincero desiderio di aiutare, hanno avuto difficoltà poi a mantenere nel corso dei mesi la convivenza".
Il quadro numerico delle persone accolte rimane comunque stabile, lo conferma anche il prefetto di Trieste Annunziato Vardè, spiegando che non si può parlare né di rientri in massa in Ucraina dopo l’estate, né di un aumento degli arrivi negli ultimi giorni, dopo la recrudescenza degli attacchi su Kiev.
A fine maggio secondo la Prefettura i profughi ucraini in Friuli-Venezia Giulia erano poco più di 5.700, oggi le presenze sono 6.148 tra strutture di accoglienza pubbliche e case private, un numero indicativo perché probabilmente alcuni se ne sono andati nelle ultime settimane dalle case di amici e parenti.
Per quanto riguarda le strutture di accoglienza, Vardè spiega che «in Fvg gli accolti sono 929, di cui 281 a Trieste, 118 a Gorizia, 379 a Udine e 151 a Pordenone».
Davide Fifaco