Dalle istituzioni di Trieste non sono arrivate soluzioni alternative al Silos per ospitare i migranti, costretti quindi a dormire per le strade. Per far emergere questa problematica alcuni cittadini e volontari hanno dato vita al progetto “Dormire è resistere” offrendo aiuto a queste persone e chiedendo l’apertura di un luogo che possa dare accoglienza a questi migranti. Ne abbiamo parlato con una delle volontarie, che ci ha spiegato come è nata l’iniziativa.
"È nata più che altro per mostrare che il dissenso non è solo da parte delle associazioni o persone e volontari già coinvolti, ma anche da parte dei cittadini di Trieste".
Come sta andando? Ci sono cittadini che si sono sensibilizzati a questa tematica e che vengono a vedere questa realtà? Vi danno una mano?
"Sì, sì, sono molti. Abbiamo avuto dei riscontri veramente positivi. E tante persone non erano bene a conoscenza della situazione attuale, anche perché è stata tenuta abbastanza nascosta, diciamo. La cosa utile è stata infatti anche mantenere la tensione alta sulla situazione. Situazione di cui nessuno sta più parlando".
Dopo lo sfratto del Silos, quante sono le persone che sono costrette a dormire per strada a Trieste? Avete un numero più o meno?
"In media io direi 80 persone. Alcune notti dalle 50 alle 150, anche, dipende. Sono tanti, tanti bambini, tante donne, tante famiglie. Non è che sono solo uomini, ci sono neonati anche e questa è la cosa veramente disumana e incredibile".
Voi state chiedendo una struttura al chiuso per cercare di aiutare queste persone.
"Noi stiamo chiedendo che venga trovata questa fatidica alternativa al Silos, che era stata promessa. Il Silos è stato chiuso garantendo il fatto che c'era pronta un'alternativa, cosa completamente falsa, o vera in parte, perché era più o meno pronto qualcosa, ma che si sapeva dall'inizio che non avrebbe retto come sistema, non avrebbe funzionato. Infatti, così è stato".
Davide Fifaco