Si tratta di una sentenza che potrebbe ribaltare l’attuale sistema di gestione dell’immigrazione clandestina da paret di Roma sul confine italo. sloveno.
Il Tribunale di Roma ha infatti dichiarato illegittima una procedura di riammissione in Slovenia attuata dalla polizia italiana, accogliendo un ricorso urgente presentato da un cittadino pachistano di 27 anni, richiedente asilo, arrivato a Trieste e riammesso nel luglio 2020 in Slovenia, e poi trasferito prima in Croazia e quindi in Bosnia.
Il ricorso era stato presentato lo scorso ottobre dai legali dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione: il giovane pachistano aveva raggiunto Trieste dopo un viaggio lungo la rotta balcanica, in cui fra l’altro era stato sottoposto a violenze e abusi, documentati da fotografie consegnate al tribunale. L’arrivo in Italia non è però stato quello atteso: fermato e portato in una stazione di polizia, ha raccontato di aver chiesto protezione internazionale, ma la richiesta è stata ignorata. Al contrario, secondo la ricostruzione del Tribunale, gli erano stati fatti firmare documenti in italiano, poi, accanto ad altri migranti, erano stato ammanettato e portato con un furgone sull’altopiano e, sotto la minaccia di bastoni, era stato fatto correre verso la Slovenia dove era stato nuovamente bloccato dalla polizia slovena. Entro pochi giorni era di nuovo in un campo bosniaco.
La procedura è stata riconosciuta illegittima dal Tribunale di Roma poiché avvenuta senza alcuna documentazione valida che potesse essere impugnata dai migranti. La prassi viola la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che vieta espulsioni collettive e prevede una valutazione delle singole posizioni, e inoltre, dice la sentenza “Non si può mai applicare un respingimento nei confronti di un richiedente asilo senza nemmeno raccogliere la sua domanda, con una prassi che viola la normativa interna e sovranazionale e lo stesso contenuto dell'Accordo bilaterale con la Slovenia”.
I giudici però, indirettamente, accusano anche il governo italiano di aver avallato le irregolarità, poiché il Ministero dell’Interno, dicono, non poteva non sapere che la riammissione in Slovenia avrebbe comportato il respingimento in Bosnia, con trattamenti inumani verso i migranti, fatti resi noti sia dalle organizzazioni internazionali, sia dai mezzi di comunicazione.
Ora l’Italia dovrà prendere in considerazione la domanda, ma soprattutto la sentenza sancisce l’irregolarità di tutte le procedure simili messe in atto sul confine orientale.
La notizia è stata commentata con soddisfazione dalle organizzazioni che si occupano di assistenza ai migranti, fra gli altri Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di Solidarietà, che aveva più volte richiamato l’attenzione sulla situazione al confine italo-sloveno, dove ci sarebbero state 1300 riammissioni informali solo nel 2020.
"La sentenza del Tribunale di Roma - ha detto il consigliere regionale di Open Sinistra Fvg Furio Honsell - conferma che, al di là delle ipocrisie, il nostro Paese è complice di quelle violenze e tutto ciò non può essere accettato. Mi auguro - conclude Honsell - che la sentenza sia il punto di partenza per sospendere queste tipologie di respingimento dei richiedenti asilo".
Di segno opposto i commenti da parte del centro destra: Marco Dreosto europarlamentare e coordinatore regionale della Lega in Friuli Venezia Giulia, ha definito la decisione del Tribunale di Roma “un paradosso", invitando a “rafforzare i controlli ai confini, permettere i respingimenti e rafforzare i confini esterni dell’Unione europea”.
Alessandro Martegani