Nobel per la fisica nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi, fisico teorico con molti interessi non solo nel campo della fisica, Giorgio Parisi ha partecipato nel pomeriggio a un colloquio con il rettore Roberto Di Lenarda dedicato a un tema tano semplice quanto fondamentale per la ricerca e in generale la crescita di un paese, il rapporto fra studenti e maestri e il contributo che, tramite questo rapporto, gli atenei possono dare alla crescita della conoscenza.
Parisi, accolto come un superstar nell’aula magna dell’ateneo gremita di studenti, è anche un comunicatore e un difensore della ricerca in Italia, e ha sottolineato spesso come ricercatori preparati e formati nel paese decidano di andare a proseguire i propri studi all’estero, dove gli vengono offerte maggiori opportunità, strutture e anche trattamenti economici migliori.
Professore, lei si occupa molto della ricerca italiana e soprattutto della fuga dell'intelligenza italiana all'estero. Il problema, secondo lei, è che c'è poco in Italia per far restare i ricercatori italiani e attrarre quelli di altri paesi, o ci sono maggiori soddisfazioni all'estero che attirano gli italiani?
“Il problema – dice - è, secondo me, che l'Italia non è un paese accogliente. Per i ricercatori il problema riguarda essenzialmente non tanto i fondi che vengono dati, ma il fatto che sono dati in maniera saltuaria: qualche anno ci sono dei fondi, poi per altri anni non ce ne sono… e quindi i ricercatori sono molto interessati ad andare in posti dove possono svolgere bene la loro ricerca. Poi il numero di posti permanenti che ci sono in Italia sono scarsi, e le persone arrivano a dei posti permanenti a un'età relativamente avanzata: in Francia per esempio, la regola è che le persone abbiano un posto permanente sotto i 31 anni, è i posti permanenti sono fondamentali, anche semplicemente per fare un mutuo per potersi comprare una casa”.
Guardando la ricerca italiana in generale, è soddisfatto del livello al di là dei finanziamenti, o c'è un gap diciamo tra quello che si spende e il valore che viene prodotto?
“No, un gap non c'è, i soldi, relativamente pochi, che ci sono in generale sono spesi bene. Quello che è importante è che la ricerca italiana è un po’ a macchia di leopardo, cioè ci sono molti centri di eccellenza, ma ci sono molte situazioni in cui la ricerca funziona molto male, sono università che sono a un livello relativamente basso e penso che sia estremamente importante cercare di fare in modo che tutte le università alzino il livello sopra una soglia minima”.
C’è anche un problema di comunicazione, secondo lei, cioè si comunica bene il valore della ricerca in Italia?
“Secondo me c'è una forte pigrizia degli scienziati, che si sono poco curati della comunicazione, però il rapporto con i mezzi d’informazione è estremamente importante nella comunicazione della scienza e sono molto grato alla Sissa, che qui a Trieste ha creato questa scuola di comunicazione scientifica”.
Soddisfatto della presenza del premio Nobel all’ateneo giuliano anche il rettore Di Lenarda, che ha conversato con Parisi di fronte a centinaia di studenti, che al termine del confronto hanno anche avuto la possibilità di fare delle domande.
“È una grandissima occasione per la nostra università, per i nostri ragazzi – ha detto - poter incontrare il professor Parisi, che non solo è uno straordinario ricercatore, come dimostra anche, ma non solo, il suo Premio Nobel, ma è una persona che ha dedicato la vita alla ricerca, al supporto e alla crescita di tanti ragazzi e quindi anche l'idea di riflettere sul rapporto fra maestri e allievi, credo sia una grande opportunità per i nostri giovani, credo che la sfrutteranno appieno”.
Riguardo le migrazioni di studenti e ricercatoti all’estero, il Rettore ha sottolineato come tanti vedano all’estero a studiare “ma la cosa più preoccupante – ha aggiunto - sono quelli che vanno via dopo aver studiato. Il nostro sistema universitario è un sistema che forma bene, è un sistema che crea professionalità che vengono molto apprezzate all’estero; quindi, il tema dell'attrattività del paese è un tema assolutamente importante e rilevante. È chiaro che noi dobbiamo tenere bene a mente tutti gli insegnamenti che ci arrivano anche dagli spostamenti dei ragazzi, ma io non demonizzo il fatto che i ragazzi vadano all'estero, dobbiamo però riflettere su come farli tornare, come diventare attrattivi e come dare una prospettiva a questi ragazzi, che fanno parte di una generazione che soffre, ma una generazione che ha enormi opportunità, ha enormi potenzialità e quindi è compito nostro supportarli in un percorso di crescita, che, come tutti i percorsi di crescita, non è facile, però deve vedere lontano e noi dobbiamo aiutarli a identificare gli obiettivi e accompagnarli nel loro raggiungimento”.
Alessandro Martegani