Sono mutati i toni, ma soprattutto i contenuti e la chiave di lettura negli interventi alle cerimonie organizzate in occasione del Giorno del Ricordo.
Il dialogo fra l’Italia, Slovenia e Croazia, ma soprattutto il gesto di Borut Pahor e Sergio Mattarella di rendere omaggio ai luoghi della memoria tenendosi per mano, hanno fatto fare un balzo in avanti al confronto sulle foibe, sull’esodo e “sulla complessa vicenda del confine orientale”.
L’esempio di questo nuovo corso è stata la cerimonia principale, quella alla Foiba di Basovizza, celebrata senza pubblico, ma non per questo meno significativa. Tutti gli interventi hanno puntato sulle responsabilità del comunismo e delle rappresaglie, abbandonando la tesi del genocidio.
Un percorso, quello della memoria, che ora l’Italia vuole compiere assieme a Slovenia e Croazia, come ha detto chiaramente anche il presidente della Lega nazionale e del Comitato per i martiri delle foibe, Paolo Sardos Albertini, secondo cui la partecipazione alla giornata dovrà allargarsi anche a rappresentanti delle istituzioni di Slovenia e Croazia, visto che nelle foibe ci sono vittime non solo italiane: “Tutti gli uomini e le tante donne assassinate in quel tragico contesto dagli uomini con la stella rossa – ha detto -, certamente le migliaia di italiani, ma anche di altra nazionalità, tutti senza discriminazioni di sorta, hanno parimenti diritto di essere ricordati con un unico sentimento di pietà. E proprio la consapevolezza di questa comune tragedia - ha spiegato - sarà anche la risposta più adeguata a quegli storici, o sedicenti tali, che continuano ad accampare le più svariate argomentazioni pur di non riconoscere la verità vera”.
Sulle responsabilità del Comunismo si sono soffermati anche il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, e il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, che hanno chiesto anche la revoca dell’onorificenza concessa dall’Italia al maresciallo Tito.
In ogni caso questo nuovo clima sembra favorire il dialogo fra politici e storici dalle due parti del confine, come conferma anche il consigliere regionale dell’Unione slovena Igor Gabrovec. “Per fortuna siamo tornati, paradossalmente, a 20 anni fa: queste cose infatti le diceva già la relazione della commissione mista italo-slovena di storici, che arrivarono alla conclusione che sono successe tante cose, che le vicende sono state complesse, che la guerra ci ha messo del suo, ma che parlare di un popolo slavo barbaro e sanguinario, che non vedeva l'ora di sterminare tutti gli italiani fino all'ultimo, era una chiave di lettura quantomeno fantasiosa, e io credo anche in malafede, della politica”.
“Finalmente – ha aggiunto - si sta guardando avanti. Io lo dico sempre ai giovani: dobbiamo parlare con chiarezza, con il cuore in mano, e con i libri di storia. Non è questione se ci siano stati 5, 10, 15 o 20 mila i morti: da un morto in poi è sempre una tragedia, per la famiglia, per chi ha già vissuto questa tragedia, ma se noi rimaniamo a quelle che sono le verità storiche, ai dati di fatto, alle cause e agli effetti, e se riusciamo a inquadrare ogni singolo dramma in quello che era il contesto storico, facciamo un grande favore al presente, e soprattutto al futuro”.
Le iniziative per il Giorno del Ricordo, e il confronto, non si fermano però al 10 febbraio: nel corso della settimana sono previsti incontri e approfondimenti dedicati alla storia delle foibe e dell’esodo. Il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, a margine della cerimonia di Basovizza, ha confermato che il 17 febbraio prossimo, l'Aula “onorerà il Giorno del Ricordo ascoltando le storie di vita e di tragedia di chi allora erano piccoli esuli: Egea Haffner, per tutti divenuta la bambina con la valigia, e lo stesso presidente della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini”.
Anche il Consiglio regionale infine, ha aggiunto, sosterrà “l'iniziativa che intende togliere al maresciallo Josip Broz Tito l'onorificenza del cavalierato della Repubblica che l'Italia gli consegnò in tempi in cui ci si volgeva dall'altra parte rispetto al dramma delle foibe e dell'esodo, per restituire fino in fondo la responsabilità di questi gravi fatti a chi ce l'ha e consegnarli una volta per sempre alla storia”.
Alessandro Martegani