La campagna vaccinale procede, a un ritmo superiore al target assegnato al Friuli Venezia Giulia, ma le adesioni delle varie fasce d’età sono inferiori alle attese.
Senza preoccupazioni, eccessive, ma Massimiliano Fedriga e Riccardo Riccardi, presidente e assessore alla salute del Friuli Venezia Giulia, si attendevano qualcosa di più dalle ultime aperture delle agende vaccinali.
La situazione è buona: il Friuli Venezia Giulia attualmente ha numeri da regione bianca: ricoveri e terapie intensive si riducono, così come contagi e tasso di positività. I vaccini hanno abbattuto drasticamente i positivi nelle residenze per anziani, sia per gli ospiti sia per gli operatori, e nel servizio sanitario regionale.
Anche la macchina vaccinale sta andando a pieno ritmo: ormai i centri vaccinali sul territorio sono 26, le dosi arrivano regolarmente, e la giunta non esclude di mettere in campo anche delle unità mobili per portare i vaccini nelle aree più periferiche.
Le vaccinazioni viaggiano al ritmo di 15 mila al giorno, ben oltre l’obiettivo di 10 mila indicato dalla struttura nazionale, e dall’inizio della campagna sono stati somministrati 521 mila vaccini, 351 mila prime dosi, 170 mila seconde, per un totale di 488 mila adesioni.
“Siamo a metà del cammino programmato, che punta a un milione di adesioni”, ha detto Riccardo Riccardi, ammettendo però che anche l’ultima apertura gli over 50, la categoria più numerosa dopo un avvio da 30 mila prenotazioni nelle prime 24 ore, sta rallentando, con adesioni che superano di poco il 50 percento.
È un andamento comunque più alto rispetto alla media nazionale, ma gran parte delle prenotazioni si registrano nella prima giornata di apertura, poi calano sensibilmente: la prossima settimana con 82 mila vaccinazioni programmate su un target 63 mila, ci sono ancora 10 mila posti liberi.
Fedriga ha sottolineato l’esigenza di avviare una campagna d’informazione per far capire ai cittadini che “aderire alla campagna vaccinale è un’operazione di tutela dei singoli, ma soprattutto della comunità”. “Dobbiamo far sapere con chiarezza – ha detto - che i rischi del vaccino, di tutti quelli in uso, sono inferiori a quelli di qualsiasi medicinale che assumiamo quotidianamente in casa”. “Puntiamo a una campagna di comunicazione oggettiva e basata sui fatti: non si può mettere sullo stesso piano un commento sui social, con un’istituzione che parla sulla base di evidenze scientifiche”.
“Le forniture sono migliorate, la macchina c’è, ma ora ci vuole l’adesione”: si tratta di una macchina che non si può e non si vuol far rallentare, ed è per questo che, a ogni frenata, la regione intende aprire nuove agende: lunedì si apre agli over 40, ma, se ci fossero slot liberi, la giunta non esiterà ad anticipare le vaccinazioni degli under 40, attualmente previste per giugno.
Fedriga ha poi escluso di poter dare seguito alla proposta di Letizia Moratti, assessora alla salute lombarda, che aveva proposto di far somministrare la seconda dose ai lombardi in vacanza nella regione di villeggiatura, per non far interrompere le ferie e aumentare le adesioni: “Si può considerare la possibilità di fare la seconda dose nella regione d’origine per chi lavora o studia in un’altra regione e torna a casa, ma non ci sono né i mezzi né la struttura organizzativa per vaccinare centinaia di migliaia di persone in una regione diversa”. “Siamo in una situazione straordinaria e devono rendersene conto anche i cittadini, che, nel caso, dovranno tornare a casa per fare il richiamo e poi riprendere le vacanze. Io stesso, lunedì prenoterò la vaccinazione on line e, se sarà necessario, rientrerò dalle ferie per la seconda dose.”
Riguardo alle proposte delle regioni al governo, Fedriga ha ribadito l’ampio consenso su un superamento dell’indice Rt, “che sui piccoli numeri rischia di diventare distorsivo”, e sul basare gran parte del passaggio fra le fasce sul numero dei ricoveri. "Non possiamo trascurare il fatto - ha detto Fedriga - che far passare una Regione in zona rossa nel periodo estivo sarebbe un danno enorme per il turismo e l'economia di quel territorio. Si tratta di un rischio concreto perché, quando il numero dei contagi è basso, ogni minimo aumento finirebbe per avere un impatto sul parametro Rt senza certificare però una reale situazione di pericolo".
Alessandro Martegani