Commozione, come quella espressa dalle lacrime del senatore Roberto Menia, nostalgia, che emergeva dalle parole degli esuli intervistati nel corso dell’evento, ma anche determinazione nel continuare a far emergere la storia delle foibe e dell’esodo e rivendicazioni sulle responsabilità di quanto è successo nel dopoguerra.
Sono i sentimenti che si sono incrociati nell’evento finale delle celebrazioni per il 70 esimo anniversario dell’Unione degli Istriani, organizzato al centro congressi del Porto Vecchio, alla presenza del ministro italiano dell’interno Matteo Piantedosi.
Proprio al Ministro è toccato uno degli ultimi interventi della cerimonia, condotta dal presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, che ha intervallato, interventi (come quelli dei sindaci di Trieste e di Muggia, Roberto Dipiazza e Paolo Polidori, che hanno ricordato gli anni prima e dopo il 1954, e la necessità che le amministrazioni contribuiscano ad alimentare e diffondere il ricordo, condizione necessaria per guardare avanti), a momenti musicali e premiazioni di membri storici del sodalizio.
Piantedosi ha parlato di una storia colpevolmente negata troppo a lungo, “che c’invita oggi – ha detto - a seguire la strada del rispetto e della convivenza reciproca e a costruire un futuro di pace. Quello degli esuli – ha aggiunto - è anche un esempio di resilienza, di come si fa a ricostruirsi una vita, una lezione di forza e di dignità per tutte le generazioni future”.
Piantedosi ha anche commentato le parole di Lacota, che aveva definito “un macigno” il mancato riconoscimento da parte dei parlamenti di Slovenia e Croazia delle responsabilità jugoslave nella tragedia delle Foibe e dell’esodo. “Comprendo che lui dica questo – ha detto -, però in quelle comunità, io ne sono testimone, c'è un grande riconoscimento della storia: ci sono stati momenti anche molto importanti, anche tra il nostro Capo dello Stato e il Capo dello Stato della Slovenia, momenti di grande riconoscimento, e ne sono testimoni anche i rapporti positivi che ho con il mio omologo sloveno. Nella Comunità slovena ormai c'è la comune volontà di mettere alle spalle una storia da superare, da tramandare alle generazioni future come una storia che deve indurre alla fratellanza, all'amicizia e al superamento di questa pagina bruttissima della storia di entrambi i popoli”.
Riguardo alla partecipazione all’evento (al quale era presente, fra gli altri, anche il deputato della comunità italiana in Slovenia Felice Ziza), Piantedosi ha sottolineato come sia stata “una grande opportunità aver potuto partecipare a questa ricorrenza importante dell'Unione, e anche molto emozionante: ci sono state delle testimonianze molto forti, molto molto importanti. La sottolineatura della memoria deve essere qualcosa che riguarda non solo il passato, ma una grande opportunità per tracciare una strada anche per il futuro”.
“Oggi ricordiamo - ha detto Lacota - coloro che fecero sì che queste terre divenissero italiane, ricordiamo i soldati morti, coloro che per mantenere l’italianità, a vario titolo, dovettero subire il martirio delle foibe, ricordiamo coloro che hanno sostenuto e rivendicato il diritto alla memoria negli anni bui, quando di queste cose non si parlava”.
Nel corso dell’evento si sono alternati sul palco racconti della tragedia delle foibe e dell’esodo (come quello di Diana Cossetto, nipote di Norma, che ha ricordato le vicende che hanno coinvolto la sua famiglia e invitato a “condividere quello che è successo con le giovani generazioni per riempire un vuoto, quando non si parlava di questi fatti”), a interventi appassionati come quello del senatore Roberto Menia, primo firmatario della legge che nel 2004 istituì la giornata del Ricordo, una sorta di spartiacque nella gestione della storia dell’esodo e delle foibe, che non ha trattenuto le lacrime, iniziando il suo intervento mostrando il tricolore della mamma, e il dizionario di scuola con la scritta “viva l’Italia e abbasso Tito”.
“Vorrei un’Italia – ha detto Menia, che ha viaggiato con le parole lungo tutta l’Istria - che pensasse a riconquistare uno spazio italiano in queste terre, mandando imprenditori, costruendo scuole italiane”.
L’eurodeputata della Lega, Anna Maria Cisint, ha invece parlato dell’esperienza di Monfalcone, dove, ha detto “abbiamo realizzato opere per lanciare messaggi chiari e far emergere quello che è successo: anche a Monfalcone ci sono dei negazionisti”, ha aggiunto, citando il caso di Gorizia dove “c’è ancora scritto Tito”. Sulla stessa linea l’assessore regionale Pierpaolo Roberti: "C'è ancora tanto da fare - ha detto - perché purtroppo persistono delle sacche di resistenza che professano un negazionismo dai contenuti inaccettabili. Per questo è importante l'attività con i giovani, nelle scuole, affinché quello che è accaduto non sia mai dimenticato".
Fra gli altri ospiti hanno portato un messaggio di saluto il deputato del parlamento Serbo Jovan Palalic che ha tracciato un parallelo fra quanto patito dagli italiani in Istria e la storia dei serbi durante il regime di Tito e dopo con la disgregazione della Jugoslavia e un membri dei Combattenti Carinziani, organizzazione gemellata con l’Unione degli Istriani.
Fra i vari messaggio letti da Lacota anche quello della premier Giorgia Meloni, che ha ricordato il ritorno di Trieste all’Italia, ma anche la sorte della zona B, e degli italiani che abbandonarono la propria terra. “Gli istriani, fiumani e dalmati - ha detto - hanno scelto di essere italiani due volte, per nascita e per scelta, portandosi via l’amor di Patria, per la famiglia, per le proprie radici”.
Alessandro Martegani