“Storia di una linea bianca” è il suggestivo titolo dell’ultimo libro dello storico Alessandro Cattunar, con le illustrazioni di Elena Gugliemotti. Una storia del Novecento goriziano raccontata attraverso le memorie e gli occhi di coloro che hanno vissuto il Secolo breve prima e dopo il 1947, quando in città venne tracciata la linea bianca del confine, che avrebbe contraddistinto gli anni a venire degli abitanti di questa terra.
“Una storia importante e lunga”, sottolinea ai nostri microfoni l’autore, perchè si tratta di “una linea bianca che ha segnato il passaggio da una zona di frontiera, come era Gorizia prima del 1947, a una zona di confine”. E “non è la stessa cosa essere frontiera o essere confine”, ci spiega Cattunar perché “essere una terra di frontiera vuol dire essere terra di contaminazione, di ibridismo, di rimescolamento fra identità diverse”; mentre “diventare una terra di confine significa trasformarsi in una terra segnata dalle divisioni, dai contrasti, da due comunità che si sentono e si percepiscono diverse”.
Questo libro vuole, quindi, “ricostruire come si è arrivati a quella linea bianca, raccogliendo una multitudine di punti di vista, in un caleidoscopio di racconti e di immagini, per far capire quanto una comunità di confine percepisca in modo diverso gli stessi eventi e li interpreti differentemente”. Perciò Cattunar ha raccolto fotografie dell'epoca, centinaia di testimonianze da una e dall'altra parte del confine (alcune delle quali possono essere anche ascoltate e viste scansionando un QR code); e per rappresentare ancora meglio i ricordi dei goriziani l'autore si è avvalso della sapiente mano dell'illustratrice Elena Guglielmotti, che con i suoi disegni ricostruisce alcuni momenti fondamentali della storia del territorio e accompagna il lettore alla scoperta della città attraverso il tempo, con mappe tracciate a partire dalla diversa percezione che hanno degli stessi luoghi le tante comunità che lo popolano.
D’altronde Cattunar, sia come storico sia come operatore culturale con la sua associazione "47/04", lavora da anni sulla memoria e sulla storia orale, perché, come ha tenuto a sottolineare anche presentando quest'opera, per lui “è importante porre ascolto alle tante e diverse interpretazioni che possono esserci di uno stesso evento”, per superare posizioni ideologiche che non permettono di comprendere al meglio la portata degli eventi.
E per parlare di questa vicenda lo storico goriziano ha deciso di partire da un’immagine bizzara e quasi ridicola immortalata proprio nel giorno nel quale si iniziò a segnare la linea confinaria: un cortile in via del Rafut diviso a metà dalla linea bianca della frontiera, dove una mucca non ne vuole proprio sapere di muoversi da dove sta (come confermato anche da un video dell'istituto Luce), restando con due zampe in Italia dove si trova il fienile e due in Jugoslavia dove era finita, invece, la stalla. Quella mucca per Cattunar è il “simbolo di tutta questa storia, perché in qualche modo sembra voler protestare contro quella divisione, restando con due zampe da una parte e due dall'altra”.
“Adesso il confine fisicamente non è più visibile e bisogna proprio andarlo a cercare”, aggiunge, “ed i territori da una parte e dall'altra si stanno riavvicinando, anche nell'ottica della Capitale europea della cultura. Ciò non vuol dire, però, che si stia effettivamente tornando alla situazione prima della guerra”. “Le due comunità continuano spesso a percepirsi come due entità molto diverse, Gorizia e Nova Gorica, ed il percorso per diventare realmente una città unica è ancora lungo, sebbene molti passi in avanti siano stati sicuramente fatti dal 2004 ad oggi”, riflette in conclusione Cattunar; anche se a suo dire “adesso, come adesso, forse si fa ancora qualche fatica a pensare di riunificarsi davvero, di ridiventare un territorio di frontiera e non più una terra di confine”.
Barbara Costamagna