A più di tre anni mezzo dal crollo, ci sono dei rinviati a giudizio per il cedimento del tetto dell’Acquamarina, la piscina terapeutica di Trieste, che il 29 luglio del 2019 collassò, senza fare vittime o feriti, rendendo inutilizzabile la struttura.
Sul caso era stata aperta un’inchiesta per accertare le cause del disastro, anche alla luce del fatto che la piscina era stata inaugurata solo nel 2000, e che al momento del crollo erano in corso dei lavori di ristrutturazione, circostanza all’esame del magistrati ma che ha anche evitato vittime o feriti, visto che proprio a causa dei lavori non erano presenti personale o utenti al momento del disastro.
Dopo più di tre anni dal crollo, il tribunale di Trieste nell'udienza preliminare ha rinviato a giudizio quattro indagati per il crollo del tetto della struttura fra le 18 persone inizialmente coinvolte: il progettista esecutivo e direttore dei lavori Fausto Benussi, Pietro Zara, titolare dell'impresa incaricata della manutenzione della copertura, e i due operai Giuseppe Pulliero e Octavian Ignat, che stavano lavorando al momento del disastro.
Gli avvocati difensori avevano chiesto l’archiviazione per tutti gli indagati, ma la richiesta è stata accolta solo per 14 delle 18 persone coinvolte.
Secondo l’accusa Benussi avrebbe commesso degli errori nei calcoli della struttura, che non sarebbe stata in grado di resistere alle sollecitazioni, e non avrebbe eseguito correttamente le verifiche su alcuni elementi strutturali della copertura, mentre i due addetti sono convolti poiché stavano lavorando sulle parti che hanno ceduto, trascinando poi nel crollo tutta la struttura.
La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 24 maggio e si sono costituiti parte civile il Comune di Trieste e una società che operava all'interno dell'ex piscina.
Alessandro Martegani