Sembrano non bastare alla politica regionale le rassicurazioni del ministro italiano dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, che, parlando del confronto in corso a Roma sul Recovery Fund, aveva assicurato che non sarebbero stati toccati i finanziamenti previsti per il Porto di Trieste. Si tratta di 388 milioni che, ha assicurato il ministro, “resteranno nel Piano senza alcun dubbio”.
Un sospiro di sollievo per il capoluogo giuliano, che punta proprio su quelle risorse per dare un’ulteriore spinta allo sviluppo dello scalo e del porto vecchio, destinato a divenire sempre più centrale per la città, ma non mancano i distinguo in regione.
Sergio Bolzonello, consigliere regionale del Pd, ha parlato di un “risultato storico”, ma, ha aggiunto, sarebbe “un clamoroso errore quello di focalizzarsi solo sullo sviluppo di Trieste e non coinvolgere le altre infrastrutture strategiche regionali”, come il polo intermodale di Pordenone, quello di Cervignano e i Consorzi industriali regionali. “Non farlo – ha aggiunto - significherebbe creare squilibri e negare le motivazioni più profonde che giustificano la nostra autonomia regionale”.
Anche Diego Bernardis, consigliere regionale della Lega ricorda che il ministro non ha accennato “a tutte le altre realtà regionali” come “l'area del goriziano, che dovrà essere fra i protagonisti nei finanziamenti previsti dal Recovery Fund, alla luce del riconoscimento di Capitale europea della cultura 2025”, così come alla necessità di “concretizzare la Zona logistica semplificata (Zls) per l'area portuale e retroportuale di Monfalcone”. L’europarlamentare e coordinatore regionale della Lega, Marco Dreosto, ha invece raccomandato attenzione “all’interporto di Pordenone, al rafforzamento delle vie di collegamento tra Friuli, Veneto e Austria e al rilancio del progetto Udine 2050.
Critiche alla distribuzione di fondi giungono però anche dal mondo scientifico: in una dichiarazione riportata dalla testa online Trieste Oggi News, Stefano Ruffo, direttore della Scuola internazionale di Studi Superiori Avanzati, sottolinea come i 10 miliardi in sette anni destinati al capitolo della ricerca e sviluppo, siano pochi, anche calcolando il fatto che solo 6 andrebbero alla ricerca pura, e ha confermato il timore che si voglia finanziare le imprese che fanno innovazione anziché i centri di ricerca.
Alessandro Martegani
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