Continua a Trieste il confronto in vista della Giornata del Ricordo. Dopo le critiche e le proteste rivolte da parte delle organizzazioni della comunità slovena in Italia al Comune di Trieste, per alcune iniziative presenti nel programma della giornata, che punterebbero a sminuire la portata delle persecuzioni fasciste subite dalla minoranza slovena nell'area di Trieste.
Per l’assessore alla cultura del comune giuliano, Giorgio Rossi non è compito dell’amministrazione comunale “censurare” un programma deciso dalle associazioni che partecipano e organizzano la giornata.
“Per organizzare il Giorno del Ricordo, ma anche il Giorno della Memoria – spiega -, l'assessorato alla cultura non fa nient'altro che raccogliere quelle che sono delle proposte che vengono dalle associazioni che preparano gli eventi. Per la Giornata del Ricordo sono una quindicina, nel caso del Giorno della Memoria un po' di meno. Queste associazioni si riuniscono, discutono, e poi ci danno tutta una serie di riferimenti per un calendario d'iniziative, che in questo caso iniziava il 24 gennaio e termina il 29 febbraio: noi non possiamo, sia per quello che riguarda la Giornata del Ricordo, sia per il Giorno della Memoria, censurare le decisioni delle associazioni. Poi evidentemente alcune potranno non essere condivise: viviamo in un territorio che indubbiamente, in 70-80 anni, ha vissuto problematiche e posizioni molto distinte, con schieramenti ed esperienze di vita, di famiglie, di popolazioni da una parte e dall'altra. Ci sono ancora situazioni, pensieri, riflessioni ed esperienze talmente diverse che pongono tuttora alcuni su posizioni opposte. All'interno di queste associazioni ci sono anche visioni un po' estremistiche, personalistiche, ma oggi non si può accusare il Comune di Trieste di essere da una parte o dall'altra: il sindaco Dipiazza in particolare nei suoi mandati ha dato prova di avere un atteggiamento diverso rispetto al passato, quando c’erano impostazioni più rigide, molto più partitiche. È stato quello che ha fatto il Concerto dei tre presidenti, i rapporti con la comunità slovena sono eccezionalmente positivi, abbiamo dato prova di sensibilità e partecipazione a tutte le realtà che ci circondano, non solo a quella slovena ma anche alle altre nazionalità, alla comunità ebraica”.
“Trieste è una realtà cosmopolita, abbiamo rappresentanze di varie nazioni, culture e religioni: non possiamo andare con la una lente d’ingrandimento a vedere una particolare interpretazione che qualcuna di queste associazioni ha dato su degli avvenimenti”.
Lei ha amministrato la città con il Sindaco Dipiazza anche nei precedenti mandati: secondo lei negli ultimi anni c'è stata una recrudescenza della conflittualità su questi temi?
“Io ho 72 anni, e ho vissuto tutto il dopoguerra in quella che fino a vent'anni era una linea di confine, che qualcuno chiamava “Cortina di ferro”, già la definizione lasciava capire che cosa fosse. C’era una situazione molto complicata, dopo una guerra che ha sterminato milioni di persone, terribile sotto tutti i punti di vista, in cui abbiamo vissuto le esperienze di nazismo, fascismo, comunismo, che si sono divise il peso e l'onere di aver distrutto l'Europa e non solo. Ricostruire un tessuto connettivo tra popoli diversi, tra ideologie diverse, non è stato un processo automatico: ci sono voluti tanti anni, ma oggi la situazione è completamente diversa. Abbiamo aperto i confini, c'è una realtà di rapporti tra Slovenia, Croazia, Austria e Italia, di grande libertà e di grande rispetto reciproco. Credo che le nuove generazioni, ma anche una gran parte della mia generazione, che ha vissuto queste vicende, abbiano messo una pietra tombale sopra le esperienze negative che ci sono state: bisogna guardare al futuro, per un impegno verso i nostri figli e i nostri nipoti.”
“Certo, in questo contesto alcune frange, alcune persone, che probabilmente avranno avuto un vissuto complicato e difficile, e hanno ancora qualche retaggio dell’esperienza vissuta, ma cosa possiamo farci? È ovvio che più tempo passerà, più queste tensioni si attenueranno, ma in ogni caso sono tensioni ceh non appartengono più ai paesi confinanti, né alle comunità del territorio. Io ho una visione molto positiva sul futuro, i problemi sono stati superati, nella città di Trieste, ma anche in Slovenia e Croazia, le nuove generazioni hanno superato questo problema. Tutto passa e tutto deve proiettarsi verso il futuro: ci sono però alcune piccole posizioni ferme al passato, ma non possiamo guardarle con la lente d’ingrandimento. Ritengo che, a volte, la politica del lasciar perdere non sia una posizione da trascurare: non possiamo andare a rinfocolare delle situazioni che in questo momento hanno un peso minimale rispetto ai passi in avanti che i paesi hanno fatto, soprattutto dopo l'abbattimento dei confini. Oggi si va da una parte all’altra senza problemi, ogni paese può contribuire con la propria cultura, le proprie potenzialità al futuro comune, e con questa visione dobbiamo guardare avanti”.
Alessandro Martegan