Far diventare il tema del Silos, l’antica struttura nei pressi della stazione di Trieste occupata da centinaia di migranti, una questione di rilievo nazionale e portarla all’attenzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In vista della visita del Capo dello Stato a Trieste, in programma il prossimo aprile per ricevere una laurea honoris causa accanto all’ex presidente Borut Pahor, è stata lanciata una petizione, online su Change.org, tradotta in italiano e sloveno, che richiama l’attenzione del Presidente sulla situazione del Silos, dove “tanti migranti, arrivati prevalentemente dalla rotta balcanica, ammassati, al freddo, nel fango, tra i ratti”, dice il testo, sono costretti “a inumane condizioni di vita”.
Nella petizione si chiede di superare l’immobilismo delle istituzioni cittadine, regionali e statali, e di trovare una soluzione che eviti, “a chi ha avuto la sfortuna di nascere in regioni afflitte da fame, guerre, persecuzioni, di scontare una doppia condanna”. Il testo è stato elaborato da privati cittadini, e per ora non ci sono adesioni ufficiali da parte di partiti politici, organizzazioni o sindacati.
“Con un paio di amici, come Franco Belci, Gianfranco Carbone e altri – ha spiegato uno dei promotori, Mauro Gialuz - abbiamo pensato che delle persone, dei cittadini, potessero rivolgersi alla cittadinanza per far firmare un appello al Presidente. Forse un paio di migliaia di firme di cittadini riusciranno a smuovere quelle istituzioni locali, regionali e statali che non si vogliono muovere.
Noi non tiriamo per la giacca il Presidente della Repubblica, ma gli diciamo ‘visto che sei a Trieste manda o vai tu a dare un'occhiata a quello che succede, la tua sensibilità, riconosciuta, sarà tale da fare in modo che dal Prefetto in giù qualcuno si muova per risolvere una vergogna, che è della città ma che è anche di tutto il nostro paese”.
Per Gialuz e i promotori il problema non è la mancanza di risorse o di organizzazione, ma la volontà delle istituzioni locali di non affrontare il problema: “Ci sono strutture, vecchie caserme, - spiega Gialuz - che in un paio di giorni potrebbero dare alloggio a queste persone. Sono persone che hanno diritto all'accoglienza, e dovrebbero avere assistenza in poche settimane e poi essere destinati ad altre località, ma la sensazione è che non si voglia intervenire per creare un clima di paura, per bloccare la rotta balcanica, come se ormai noi potessimo bloccare quello che è un fenomeno globale. Se uno sta male dove vive e decide di venire qui non si fa certo fermare per queste difficoltà”.
Nel corso della presentazione, ci sono stati anche interventi di rappresentanti di organizzazioni umanitarie, sindacati, legali e giornalisti che hanno appoggiato l’iniziativa e hanno chiesto a tutti di promuovere la raccolta di firme per far cessare quello che è stato definito un “abominio”, al quale la città non è indifferente, ma a cui le istituzioni al momento non hanno dato risposta.
Sul tema però la posizione dell’amministrazione della città, e in particolare del sindaco Roberto Dipiazza non sembra mutare. Lo stesso primo cittadino ha rilanciato la palla al governo nazionale e ricordato gli sforzi del Comune sul fronte dell’accoglienza: “Stiamo facendo l'impossibile: a Trieste ci occupiamo di 300 minori stranieri e 200 persone senza fissa dimora. Dopo c'è anche il Silos: potrei parlare di Bologna, di Milano, di Torino, non avete idea di che cosa c'è là, ma si parla solo di Silos”. “Bisogna - ha aggiunto - realizzare un Hotspot in Friuli. Lo dico da 20 anni: la Venezia Giulia non ha territorio per farlo, mentre in Friuli ci sono 160 caserme vuote”.
Alessandro Martegani