Centinaia di articoli pubblicati dal 1979 in poi, per lo più sui fogli degli esuli, poi il grande salto, quello dei primi libri dedicati ai cognomi editi dalla Comunità degli Italiani di Pirano, una comunità che Marino Bonifacio, piranese di nascita e di spirito, non manca di ringraziare anche nella prefazione del suo ultimo prezioso volume.
2800 cognomi che si aprono con gli Abba di Medolino e si chiudono con i Zuzzi e le sue innumerevoli varianti come Žužić. Un modo per Bonifacio per trasmetterli alle generazioni future e per non consentire che vadano perduti. Una via personale per reagire, perché – come ha scritto dell’introduzione del volume- “un popolo cacciato” ha il dovere di spiegare la propria storia e la propria identità storica. L’intento dichiarato è quello di dimostrare come si sia conservato sino ai giorni nostri il nucleo principale dell’antico ceppo romanzo impersonato da centinaia e centinaia di cognomi italiani indigeni, presenti da Trieste alle Bocce di Cattaro.
Da tutti i lavori di Bonifacio, però, è stato detto, nel corso della presentazione, emerge come nonostante il burrascoso ‘900, le diverse popolazioni hanno convissuto tranquillamente nella loro storia.
Un’opera quella di Bonifacio frutto di quarant’anni dedicati quasi asceticamente allo studio. Dove per districarsi nell’intricata matassa dell’onomastica di frontiera ha dovuto spaziare in vari campi e varie lingue. Sarebbero 18.000 i cognomi censibili nell’area e il presidente dell’I.R.C.I, Franco Degrassi, ha già annunciato che è in cantiere un altro volume con ulteriori 1600 voci.
Stefano Lusa