Vittorio Vidali, figura chiave della storia del partito comunista italiano e internazionale dal primo dopoguerra fino ai primi anni 70, è il protagonista del libro “Vita di uno stalinista”, scritto da Patrick Karlsen, storico del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Trieste e direttore scientifico dell’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia. Il libro è stato presentato a Trieste nella sede del Circolo della stampa, e commentato dall’autore e da stortici come Raoul Pupo, Mauro Gialuz e Ravel Kodrič, ed esamina la vita di uno dei personaggi più raccontati e anche più discussi del partito comunista.
Nato nel 1900 a Muggia, si era formato nella Trieste post-imperiale del primo dopoguerra, ed era diventato ben preso un dirigente del movimento comunista internazionale con una fede costante nella rivoluzione stalinista, a cui è stata ispirata tutta la sua azione politica. Karlsen, grazie a una documentazione d’archivio largamente inedita, ripercorre la vita di Vidali come agente del Comintern negli Stati Uniti, in Messico, nella Spagna della guerra civile, poi il ritorno nella Trieste del Territorio Libero. Nella sua vita s’incrociano la partecipazione alla guerra di Spagna come “Comandante Carlos”, e il legame con Tina Modotti, la formazione politica a Mosca, con le relazioni con personaggi come Hemingway e Neruda. Una figura quasi leggendaria, a cui però si uniscono anche i sospetti di aver partecipato a delitti politici di matrice sovietica.
Il suo faro fu sempre la rivoluzione stalinista. Vidali, dice l’autore del libro, Patrick Karlsen “era rivoluzionario in quanto stalinista, e stalinista in quanto rivoluzionario”. “Per lui – spiega - essere rivoluzionario s’identificava totalmente nell'essere stalinista, perché credeva in quel progetto di trasformazione rivoluzionaria della società portato avanti da Stalin negli anni venti e trenta in Unione Sovietica. Credeva solo in quel modello, e ci ha creduto anche dopo la morte di Stalin per alcuni decenni, quindi per lui lo stalinismo è stata un'esperienza assolutamente totalizzante”.
Questa è un'opera storica nel senso classico della parola: guarda alla vita anche avventurosa, romanzata di Vidali, ma anche agli aspetti oscuri della sua vita…
“Noi storici abbiamo dei ferri del mestiere, che sono quelli di andare negli archivi, di consultare le fonti, e poi riportarle dando un giudizio sulla base della propria massima onestà etica: uno degli obiettivi che ho cercato di raggiungere con questo lavoro era di scrostare la figura di Vidali da tutto il carattere sia leggendario sia anti leggendario che le vicende, gli anni, ci hanno costruito sopra: il mito del “Comandante Carlos” da una parte, e il contro mito dell'uomo di Stalin, l'uomo di Mosca, organizzatore di celebri delitti”.
La sua vita trascorsa tra i vari paesi, Messico, Spagna, Stati Uniti, Mosca, sembra quasi la storia di una spia, non di un dirigente politico. “La definizione è scorretta: non è stato mai una spia, è stato un agente del Comintern, e in quanto agente del Comintern di alto profilo, quindi con determinate competenze nel lavoro illegale, nel lavoro rivoluzionario, prestava la propria collaborazione e il proprio servizio anche alle Agenzie di sicurezza dello Stato Sovietico quando gli venivano richieste. Era un suo dovere. Spesso nella letteratura, nella memorialistica, s’incontra Vidali come un agente dei servizi sovietici, ma non è esatto tecnicamente: lui lavorava per il Comintern, era un dirigente del Comintern, questa era la sua figura, che però a volte veniva utilizzata anche dai servizi sovietici in determinate missioni”
Venendo a Trieste, Vidali era un noto oppositore della Jugoslavia e di Tito, accusato a tratti di essere anche anti sloveno. “Di fatto la sua politica cominformista era diretta contro la Jugoslavia di Tito: definirlo però anti sloveno secondo me, per come l'ho conosciuto, è completamente sbagliato. Era anti jugoslavo non perché ce l'avesse la Jugoslavia, o con lo Stato degli slavi del Sud, ma perché quello Stato aveva un'ideologia che lui identificava in un nuovo trozkismo, e lui, uomo d'ordine di Stalin, per tutta la vita ha combattuto le deviazioni ideologiche. La Jugoslavia era l'ultima incarnazione del trotskismo che lui ha combattuto per tutta la sua vita, con coerenza”.
Vidali come vedrebbe la politica italiana attuale?
“Credo la vedrebbe un po' come una politica dell'Italia liberale pre guerra mondiale e pre fascismo, penso avrebbe queste sensazioni, di uno Stato incapace di risolvere i propri problemi, avviluppato in se stesso, e che dal punto di vista di Vidali avrebbe bisogno di una bella scossa rivoluzionaria”.
Alessandro Martegani