Una vittoria giunta dopo un ballottaggio, e una campagna definita dallo stesso riconfermato sindaco “estenuante”, ma alla fine Rodolfo Ziberna ha staccato il biglietto per il suo secondo mandato alla guida di Gorizia.
Si tratta di una riconferma giunta al termine di una consigliatura non facile, sia per problemi in maggiomnarza, sia e soprattutto per la pandemia, che ha stravolto due anni di amministrazione, ma nel corso della quale è giunta anche l’assegnazione di Capitale europea della cultura per Gorizia accanto a Nova Gorica.
Si tratta di un evento che ora Ziberna dovrà gestire, dopo la riconferma, una delle poche in questo turno di ballottaggio per il cento destra, che a Gorizia si era presentato compatto a sostegno del sindaco.
“Si tratta di una vittoria, - dice – determinata da due fattori: in una competizione elettorale più ci si avvicina al territorio, più è determinante la persona, e sicuramente la componente personale è stata determinante, ma una persona senza il supporto di una coalizione solida non va da nessuna parte, salvo casi particolari. In questo caso a Gorizia, diversamente da cinque anni fa in cui mi sono presentato con un centrodestra allargato ad altri soggetti, liste civiche, che magari forse a questo punto, col senno di poi, non erano poi molto di centro-destra, la mia scelta è stata di quella della governabilità, del governare piuttosto che del vincere le elezioni. Sono passato dalle otto alle cinque liste di quest’anno, ma unite da un comune modo di sentire, pensare, governare. C'è una grande coesione, perciò credo che il merito vada suddiviso tra il candidato sindaco e la sua coalizione”.
Adesso inizia un mandato importantissimo, perché, in piena pandemia, c'è stata questa vittoria, che ha dato anche un po' di speranza alla città, della Capitale della cultura, che bisognerà realizzare.
“Il mio mandato precedente è stato segnato dalla pandemia, ma anche dall’aumento sconsiderato dei prezzi, con le materie prime e l’approvvigionamento energetico schizzati alle stelle, e sappiamo che non è ancora finita. Avremo i prossimi anni di estrema difficoltà, però, al netto degli strumenti che noi usiamo per governare, l'obiettivo da traguardare è la Capitale europea della cultura: si tratta però di un evento che non va visto come un traguardo ma uno step, non come risorse di spesa corrente o investimenti destinati solo al 2025, che potrebbero diventare un fuoco di paglia, ma come qualcosa che consenta a tutta l’area di Nova Gorica e Gorizia di gettare le fondamenta, e per prima volta di creare le condizioni perché tutto il territorio possa finalmente crescere insieme, non soltanto in termini di attività, ma di capacità di elaborazione, faccia in modo di acquisire un appeal capace di attrarre imprese, di formare delle competenze sia in Italia sia in Slovenia per queste imprese, ma anche rallenti il processo di allontanamento dei cervelli dal nostro territorio verso altre aree in Italia, Slovenia o in Europa, e in generale cambi il territorio. Noi, con il sindaco e amico Klemen Miklavič, vogliamo lavorare per una Nuova Gorica e Gorizia del 2030, del 2035, non per quelle cose che possiamo inaugurare nel corso del nostro mandato, ma per realizzare investimenti per i nostri figli e nipoti”.
Lei, a caldo dopo la vittoria, ha detto è stata una campagna elettorale estenuante, e che non ne farà più un’altra: intendeva dire non fare più campagne elettorale estenuanti, o che non ne farà più del tutto?
“Grazie al cielo, lo sostengo da sempre, in Italia c'è il divieto del terzo mandato da sindaco per le città sopra un certo numero di abitanti: io dico sempre che è un limite a tutela del sindaco. A Gorizia non si può fare il sindaco per più di due mandati, e fra l’altro i primi cinque anni mi hanno davvero stancato, esaurito, per motivi interni alla maggioranza, ma soprattutto per il Covid. Di fronte a me non c'era una generica comunità: la comunità che ho di fronte nel mio quotidiano è la sommatoria di tanti casi particolari, che si rivolgevano a me ogni giorno. Io rispondevo a 200, 250 anche 300 appelli, messaggi e richieste, e per me non era un intervenire su una massa informe, senza volto: io vedevo nome, cognome, data di nascita, volti, tragedie di tutte le famiglie, e per quanto uno possa dire ‘io devo governare nell’interesse di tutti’, questi tutti hanno un nome e cognome. Io mi incontravo con tutti, e questo mi ha provato, ma anche fortificato perché comunque quando si fa volontariato, quando si lavora in questi momenti di tragedia, ci si rafforza, l'avete fatto anche voi con la comunicazione. Adesso c’è questa grande sfida della capitale europea: credo di aver fatto il mio e continuerò a farlo, ma quando avrò finito avrò 65 anni, e forse, in quel momento, potrò mantenere la promessa, finora non mantenuta, di dedicarmi di più la mia famiglia”.
Alessandro Martegani