Sull'intera vicenda di Alessia Piperno si sta cercando di mantenere un basso profilo, per evitare di compromettere i tentativi per riportare in Italia la donna, visto che ci sarebbe in atto un tentativo di politicizzare l'arresto a prescindere dalle circostanze che lo hanno determinato.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, Piperno, nel suo viaggio all'interno del paese avrebbe trascorso un periodo anche nel Kurdistan iraniano, una zona che viene costantemente monitorata per via delle istanze antiregime.
In uno degli ultimi post scritti sui social, la donna raccontava delle manifestazioni di piazza e di come un giorno nel posto in cui alloggiava, arrivarono due donne, due uomini e due bambini per chiedere aiuto, spaventati dagli scontri.
Il post proseguiva con le parole: "Non penso che dimenticherò mai quella prima notte. Avevamo corso verso l'ostello con il cuore in gola, mentre i suoni degli spari rimbombavano alle nostre spalle e l'odore del gas si emanava nell'aria. Ho chiuso la porta dell'ostello mentre la gente urlava per le strade. Dopo nemmeno 30 secondi ho sentito bussare violentemente alla porta dell'ostello. Erano due donne, due uomini e due bambini. Tossivano bruscamente per aver respirato il gas, e la donna più anziana aveva un attacco d'asma e di panico". Il racconto si conclude con il disegno fatto da una bambina sul telefonino di Alessia in quei momenti di terrore.
Gli amici della Piperno ora chiedono silenzio e prudenza ai numerosi giornalisti che si interessano alla vicenda ed alle altre persone di evitare commenti beceri agli articoli che parlano di questo caso. I conoscenti della donna scrivono: "Purtroppo l'odio che trasuda da questi commenti è lo stesso che c'era stato per il caso di Silvia Romano", in riferimento alla nota vicenda della cooperante rapita nel 2018 in Kenya da un gruppo di jihadisti somali di al-Shabaab, che fu tenuta prigioniera per 18 mesi.
Davide Fifaco