Foto: Pixabay
Foto: Pixabay

“L’Ue chiede di cancellare completamente il requisito della residenza in Italia, attualmente di due anni, per i percettori dell’assegno non lavoratori, e anche quello della durata del rapporto di lavoro, di almeno sei mesi, e addirittura di riconoscere l’assegno anche a chi ha figli residenti all’estero. Non servirebbe più quindi vivere nel nostro Paese, ma basterebbe lavorarci anche solo per un giorno per fruire del contributo”. Queste le parole della ministra Roccella circa l’ipotesi di tagliare l’assegno unico per i figli, notizia che dopo essere stata pubblicata da La Repubblica, ha avuto diverse reazioni. La smentita è arrivata direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite una nota, nella quale si legge che tale ipotesi è “fantasiosa e senza alcun fondamento”. Prima della smentita però non sono mancate le reazioni politiche, a partire dal presidente dei deputati di Italia Viva, Davide Faraone, il quale ha dichiarato che “il governo ancora un volta sta dimostrando di essere interessato solo a fare propaganda”. “Vorremmo capire meglio se quella di colpire più deboli e famiglie è la cifra del governo della cristiana Meloni” ha affermato invece Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, ha definito la cancellazione dell’assegno unico come “totale fake news” smentita anche dal ministro Giorgetti. Un attacco diretto al quotidiano è arrivato da parte di Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze della Camera: “Mi sembra che i toni di Repubblica siano come sempre apocalittici. Sicuramente è una misura importante sulla quale negli anni il governo Meloni ha anche aumentato fino a 20 miliardi di euro lo stanziamento. Detto questo, c'è una procedura di infrazione sulla quale la Commissione europea deciderà, se non ricordo male, entro il 2025” ha dichiarato, aggiungendo infine, che “come al solito è un atteggiamento di prevenzione nei confronti del governo di chi invece dovrebbe fare informazione”.

B.Ž.