Sono diventate le testimoni italiane della Shoah più conosciute: Andra e Tatiana Bucci, due sorelle strappate alla propria famiglia da bambine e deportate ad Auschwitz, sopravvissute grazie una combinazione di circostanze, aiuti inaspettati e scelte assennate.
La loro mamma, Mira Perlow, era giunta a Fiume nell’epoca austro-ungarica fuggendo da un pogrom della Russia zarista, e a Fiume aveva incontrato e sposato Giovanni Bucci. Il destino delle due bambine nate dal matrimonio viene però segnato il 28 marzo del 1944, quando, a seguito di una denuncia di un collaborazionista, la famiglia viene trovata e arrestata dai tedeschi. Le bambine, 6 e 4 anni, vengono separate dai genitori e dopo un breve permanenza alla Risiera di San Sabba arrivano ad Auschwitz. Scambiate per gemelle, vengono tenute in vita per essere usate negli esperimenti condotti dal dottor Joseph Mengele.
Andra e Tatiana alla fine riusciranno a sopravvivere dall’inferno, ritrovando anche i genitori, e solo in seguito decideranno di raccontare la loro storia, che fornisce particolari inediti sul funzionamento dei campi di sterminio e sugli esperimenti sui bambini.
La loro vicenda è stata raccontata nel libro “Noi, bambine ad Auschwitz, la nostra storia di sopravvissute alla Shoah”, edito da Mondadori, ma anche nel film d’animazione “La stella di Andra e Tati” primo cartoon sulla Shoah.
Proprio questa scelta fa delle due sorelle, Tatiana oggi residente a Bruxelles, e Andra fra l’Europa e gli Stati Uniti, le testimoni della Shoà più note nelle scuole e fra i bambini, come ci raccontano a margine di un incontro al Circolo della stampa di Trieste.
“Mi fa veramente un grande, grandissimo piacere - dice Andra - che su questi temi si muovano i giovani, perché quelli sono quelli che dovranno se non prendere il nostro testimone e raccontare il nostro vissuto, perlomeno trasmettere la memoria, ed è positivo che incomincino imparare da piccoli quello che è successo”.
“La nostra - aggiunge Tatiana - è una storia comunque eccezionale: abbiamo avuto la fortuna di ritrovare la nostra famiglia, mamma e papà, il nostro piccolo nucleo familiare si è ricomposto, non conosciamo un'altra storia così. Purtroppo, i bambini finiti nei campi o sono tutti morti, o sono rimasti soli e non hanno avuto la nostra fortuna. Raccontare anche una storia finita bene credo sia una cosa positiva, c’è la speranza che la vita nonostante tutto continua.”
La popolarità della vostra storia è legata il fatto di essere raccontata da due bambine che parlano ai bambini?
“Questo è sicuramente uno dei motivi – dice Andra -: i bambini osservano e capiscono molto più di quel possiamo pensare, hanno una sensibilità maggiore rispetto agli adolescenti e agli adulti, e poi riescono a mettersi nei nostri panni. Anche il film è pensato per i bambini delle elementari, bambini che oggi hanno l’età che avevamo noi.”
Vi rendevate conto della gravità della situazione quando eravate ad Auschwitz?
“No, - spiega Tatiana - sapevamo quello che succedeva attorno a noi, sapevamo che la gente moriva, che eravamo ebree, però non capivamo la gravità di quello che stava succedendo. Lo abbiamo elaborato poi, con gli anni, crescendo, e credo sia stata una cosa positiva per noi, che ci ha salvate, in un certo qual modo”.
Parlarne in un libro è stato un aiuto o un ostacolo da superare?
“Quando parli di un fatto grave della tua vita è una liberazione – spiega Andra -: ti aiuta ad andare avanti, ti alleggerisce. Nonostante questo, però tornare indietro e ricordare non è stato sempre stato facile, ma è stato un aiuto”.
“Era già da tanti anni che ne parlavamo e facevamo i viaggi con i ragazzi nei luoghi della memoria, - aggiunge Tatiana - quindi diciamo che il libro può essere una conclusione di quello che abbiamo incominciato molti anni prima”.
La comunità ebraica di Trieste era una delle più numerose prima della guerra, però Trieste ha avuto l’unico campo di sterminio del paese, e da qui sono state annunciate le leggi razziali. Secondo voi la città ha fatto i conti con il suo passato?
“No, e non è solo Trieste a non aver fatto i conti col passato: è l'Italia - ricorda Andra - che non ha fatto i conti col passato. Mussolini in questa città ha dato via alle leggi razziali da piazza Unità e tutti i triestini erano sotto che applaudivano, tutti felici e contenti. Nessuno ha fatto i conti con il passato.”
“In Italia non l'ha fatto perché abbiamo sempre dato la colpa di tutto ai tedeschi – aggiunge Tatiana -: certo, i lager se li sono inventati e li hanno fatti loro, però noi italiani abbiamo collaborato, e non poco purtroppo. Credo che dovremmo ammettere le nostre le nostre responsabilità, e credo che mi sentirò più in pace se lo faranno finché sono viva.” “Sinceramente però - aggiunge - non sono molto ottimista su questo: purtroppo la storia si ripete, non nello stesso modo, ma basta vedere come rifiutiamo il diverso che sta arrivando adesso. Abbiamo dimenticato che anche noi siamo stati emigranti, anche noi siamo stati perseguitati, non solo noi ebrei, ma anche tutti gli italiani dopo la guerra, in Germania, in Svizzera, in Belgio dove abito. Io me lo ricordo, non lo dimentico, e vorrei che anche gli italiani si ricordassero di questo”.
Alessandro Martegani