È una ripresa dell’attività parlamentare intensa quella che si prospetta per la maggioranza in Italia: mentre Camera e Senato riaprono i battenti, le prime sedute sono previste nel pomeriggio, maggioranza e governo si preparano al confronto sulla legge di bilancio, con non pochi nodi da risolvere.
Negli ultimi giorni è cresciuta l’attenzione del destino del superbonus, il meccanismo che ha consentito a milioni di cittadini di rinnovare abitazioni ed edifici senza metter mano al portafoglio, con un sistema di rimborso da parte dello Stato che avrebbe innescato però, oltre ad abusi e aumenti di costi, anche problemi di bilancio pubblico.
Ad anticipare quella che dovrebbe essere una stretta sul superbonus era stato lo stesso ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti “A pensare al superbonus mi viene mal di pancia, - ha detto al Forum Ambrosetti di Cernobbio - ha effetti negativi sui conti pubblici, ingessa la politica economica, non lasciando margine ad altri interventi”.
Le cifre sembrano dar ragione al ministro: la spesa per lo Stato per la misura bandiera del Movimento 5 Stelle, inizialmente quantificata in 35 miliardi di euro, è salita fino a 67 miliardi. Il fatto che i clienti non dovessero nemmeno anticipare le somme delle ristrutturazioni, cedendo il credito delle detrazioni fiscali alle banche, ha anche innescato un aumento vertiginoso dei prezzi, con un ulteriore impatto sull’inflazione e sulle casse dello stato. Un intervento per bloccare, o almeno limitare, l’emorragia di fondi, sembra quindi inevitabile.
C’è però da fare i conti anche con il fatto che il superbonus è stata una misura molto popolare, che ha permesso a milioni di italiani di rinnovare e rendere anche più efficienti dal punto di vista energetico le proprie abitazioni, e che quindi un taglio drastico rischia di avere effetti negativi sul consenso del governo.
Cosa fare del superbonus sarà dunque uno dei temi principali della discussione in maggioranza in vista della legge di bilancio: bisognerà ridurre le spese, senza però tagliare i fondi ai cantieri già avviati. Da considerare poi c’è anche la trattativa sul patto di stabilità, che limita ulteriormente la capacità di manovra del governo.
È già stata decisa una riduzione dei contributi al 70 per cento dal primo gennaio 2024, ma il rischio è che chi ha già iniziato i lavori non riesca a concluderli entro l’anno, con il rischio di pagare di tasca propria ristrutturazioni che, nel caso dei condomini ad esempio, spesso ammontano anche a milioni di euro. In questi casi con tutta probabilità si deciderà per una proroga, magari legata al reddito dei committenti, già decisa fra l’altro per le abitazioni unifamiliari.
Alessandro Martegani