Sarà un confronto senza certezze e senza rete quello fissato per la prossima settimana sul progetto di legge sull’omotransfobia in Italia. L’apertura di Italia Viva alle proposte di modifica della Lega, e l’irrigidimento di PD, Leu e 5 Stelle sul testo del DDL Zan fanno prevedere une sfida all’ultimo voto, combattuta su migliaia di emendamenti e nell’incertezza del voto segreto.
Una bocciatura del provvedimento potrebbe avere un impatto difficilmente prevedibile anche sulla maggioranza, visto che già ora le forze di sinistra accusano la Lega, ma anche il partito di Matteo Renzi, alleati di governo, di voler affossare il provvedimento.
Negli ultimi giorni i toni sono saliti fino a veri e propri insulti lanciati fra parlamentari sui social, dove si è consumata anche la sfida fra lo stesso Renzi e la coppia Chiara Ferragni - Fedez.
Ciò che più conta però è che al momento non sembrano emergere spazi di dialogo: Pd, 5 Stelle e Leu sono decisi ad andare in aula martedì e far votare il provvedimento, e se non passerà, hanno fatto sapere, la colpa sarà di Italia Viva e Lega. Dall’altra parte Matteo Renzi ha già annunciato degli emendamenti, ma si è anche detto disponibile a ritirarli alla fine, non volendo passare per quello che fa saltare il banco. Modifiche vengono proposte anche dal partito di Salvini, e prevedere che cosa succederà con il voto segreto, che sicuramente sarà chiesto dalla Lega e dal centro destra, è impossibile, e non è nemmeno escluso un rinvio in extremis.
Quelle delle norme sui diritti della comunità LGBT è fra l’altro un tema molto dibattuto anche in Europa: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito “vergognosa” la legge approvata in Ungheria dalla maggioranza che sostiene Viktor Orban, una legge, ha detto in cui “l'omosessualità viene posta a livello della pornografia, non serve alla protezione dei bambini, è un pretesto per discriminare”.
“Se l'Ungheria non aggiusterà il tiro – ha aggiunto - la Commissione userà i poteri ad essa conferiti in qualità di garante dei trattati”. “Non possiamo restare a guardare – ha concluso riferendosi anche alla Polonia - quando ci sono regioni che si dichiarano libere dagli Lgbt. Non lasceremo mai che parte della nostra società sia stigmatizzata a causa di quello che si pensa, dell'etnia, delle opinioni politiche o credi religiosi”.
Per ora non c’è alcun progetto di sanzioni o di blocco dei finanziamenti previsti dal Recovery plan, su cui la Commissione deve esprimersi entro lunedì 12 luglio, ma intanto è arrivata la risposta da Budapest: “L'Ungheria non ritirerà la legge, - ha affermato la ministra della Giustizia, Judit Varga - anzi, la difenderà con ogni mezzo legittimo”.
Alessandro Martegani