EIRENE è un progetto di ricerca accademica finanziato dall'Unione Europea che intende approfondire il ruolo e lo status delle donne nelle transizioni dopoguerra del 1900. Il progetto ha come scopo geografico la regione dell'Adriatico Settentrionale e Orientale, per cui riguarda territori che oggi appartengono a quattro nazioni (Italia, Austria, Slovenia e Croazia). Il progetto analizza quindi i periodi successivi ai due conflitti mondiali e alla dissoluzione della Jugoslavia.
I pilastri attorno a cui ruota la ricerca sono quattro: la violenza e i traumi, la famiglia, la partecipazione politica e il lavoro. Quest'ultimo è il tema centrale di un convegno che proseguirà fino a domani presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Trieste, cui partecipano ricercatori provenienti da varie nazioni e afferenti a varie istituzioni accademiche.
"La focalizzazione seminariale è sul lavoro delle donne - spiega la coordinatrice della ricerca, Marta Verginella dell'Università di Lubiana - l'idea è di mettere in dialogo profili di ricercatori molto diversi tra loro: non a caso, abbiamo coinvolto storici provenienti da vari paesi, come Regno Unito, Paesi Bassi, Italia, Slovenia, ma anche economisti e giuristi, al fine di capire meglio cosa è successo dopo la Prima Guerra Mondiale nel campo del lavoro, quali sono stati i cambiamenti legislativi, le pratiche, i diritti femminili, guardando anche il periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale e gli anni '90, cioé dopo la dissoluzione della Jugoslavia".
Si può dire che il percepire uno stipendio e il contribuire alla ricchezza della comunità locale e nazionale, siano fattori rilevanti per l'acquisizione di nuovi diritti? "Assolutamente si - chiosa Francesca Rolandi, ricercatrice dell'Università di Lubiana - e questo è evidente in tutti i casi studio trattati a Trieste, ma anche in senso più ampio, in tutta la letteratura disponibile al momento".
Antonio Saccone