Il salone del Libro di Torino apre oggi senza Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound, con la quale gli organizzatori hanno rescisso il contratto come richiesto ieri dal Comune di Torino e della Regione Piemonte in seguito alle polemiche nate dalla presenza di quello che viene considerato un editore neofascista.
Riconfermata per l'apertura la lezione agli studenti di Halina Brienbaum, sopravvissuta ai campi di concentramento nazista, che rischiava di saltare a causa del diniego suo e di altri ospiti nel caso non si fosse cancellata la presenza di Altaforte. Molti di questi dopo la notizia hanno riconfermato la loro partecipazione, accogliendo con favore la scelta degli organizzatori che temevamo una ricaduta negativa sulla kermesse.
Francesco Polacchi, editore di Altaforte ed esponente di primo piano di CasaPound, ha detto che avrebbe fatto ricorso e che comunque si sarebbe presentato al salone. Su di lui, tra l'altro, pende una denuncia per apologia del fascismo a causa di un esposto fatto alla procura da Chiara Appendino e Sergio Chiamparino dopo alcune sue dichiarazioni in cui si diceva fascista.
Il caso di Polacchi e Altaforte è sui generis. Finora, infatti, i magistrati hanno sempre giudicato l'attività di un singolo, o di un'organizzazione, ma mai quella di un editore. I giudici potrebbero infatti stabilire che la società editrice è il mezzo attraverso il quale viene messa in atto la condotta criminosa, e decretarne la fine. Una decisione del genere potrebbe essere interpretata come una minaccia alla libertà di espressione, principio riconosciuto e sancito dalla Costituzione. Una questione che potrebbe, quindi, essere rimandata alla politica, come fatto nel processo a Marco Cappato per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come Dj Fabo.