Il Tribunale di Roma, nella disputa tra CasaPound e Facebook, ha dato ragione al movimento politico di estrema destra, accogliendone il ricorso ed ordinando al social la riattivazione immediata del profilo, chiuso dallo scorso settembre. A darne la notizia è, in una nota, la stessa CasaPound, che spiega anche che la società di Zuckerberg dovrà risarcire 15 mila euro di spese legali, oltre ad aver disposto anche il ripristino del profilo del responsabile romano, Davide Di Stefano, quale amministratore della pagina.
"Il ricorso - scrive il giudice Stefania Garrisi nella sentenza - va accolto e va ordinato a Facebook l'immediata riattivazione della pagina dell'Associazione di Promozione Sociale CasaPound". Nella sentenza il giudice spiega che "il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani, quotidianamente, affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento" ed inoltre ha fissato una penale di 800 euro per ogni giorno di violazione dell’ordine impartito.
Ne deriva che "il rapporto tra Facebook e l’utente che intenda registrarsi al servizio (o con l’utente già abilitato al servizio come nel caso in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi, in quanto una delle parti, appunto Facebook, ricopre una speciale posizione. Tale speciale posizione comporta che Facebook stesso, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente".
Il social network, tramite un portavoce, ha risposto che "non è ammesso chi diffonde odio o attacca gli altri sulla base di chi sono. Candidati e partiti politici devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia".
Si attendono le prossime mosse da parte di Facebook.
Davide Fifaco