Foto: ANSA
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Il profilo contava 600 mila iscritti e si basava sulla creazione di video in cui venivano portate a termine delle sfide, il tutto con un unico scopo: aumentare il numero di seguaci. Video fatti in modo scherzoso che si sono trasformati in una tragedia. Era proprio questo che probabilmente stavano facendo i giovani ragazzi al bordo del Suv che quel giorno è andato addosso alla Smart, togliendo la vita a Manuel, un bambino di soli cinque anni, e ferendo la madre e la sorella che erano anche a bordo del veicolo. Per giorni il canale TheBorderline è rimasto visibile, l’unico segno è arrivato da parte del pubblico, che da 601mila iscritti sono diventati 599mila. Hanno aspettato cinque giorni prima di chiudere tutto, con un ultimo messaggio su YouTube, nel quale si legge che “quanto accaduto ha lasciato tutti segnati con una profonda ferita” e che “la tragedia accaduta è talmente profonda che rende moralmente impossibile proseguire” il loro percorso, dedicando ogni pensiero al piccolo Manuel.

Al momento, Matteo Di Pietro, il giovane alla guida del Suv Lamborghini indagato per omicidio stradale, è risultato positivo ai cannabinoidi, mentre nessuno degli altri quattro giovani che erano a bordo del veicolo, è iscritto sul registro degli indagati. Ma nei loro confronti potrebbe venir contestato il concorso di colpa nel caso venisse accertato che nelle fasi precedenti allo schianto stessero effettivamente girando un video per una sfida online, incitando così il ragazzo alla guida. L’ultima sfida del gruppo TheBorderline, infatti, era proprio quella di stare alcuni giorni su un Suv Lamborghini senza mai scendere. Quindi per ora, la chiave per stabilire il livello delle responsabilità attribuibili a Matteo di Pietro è la velocità a cui viaggiava il Suv, e a riguardo l’unica certezza è che il veicolo noleggiato non percorreva la strada nei limiti dei 30 chilometri orari previsti.

B.Ž.

Foto: ANSA
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