In Italia solamente in sei regioni si registra una percentuale di occupazione di posti da parte di pazienti Covid superiore al 20%. Si tratta di Calabria, con il 34%, Umbria (32%), Basilicata (29%), Sicilia (25%), Marche (22%) e Puglia (21%).
Stabile invece l’occupazione delle terapie intensive, al 5% a livello nazionale e sotto il 10% in tutte le regioni, al fronte dei dati molto più preoccupanti di un anno fa, che parlavo del 40% di occupazione in questo senso.
Anche in Friuli-Venezia Giulia l’occupazione dei posti nei reparti ospedalieri di area medica (o 'non critica') da parte di pazienti con Covid-19 risulta in crescita, ma per ora si attesta all’11%.
Sempre a livello giornaliero, l'occupazione delle terapie intensive da parte di pazienti con Covid-19 cresce in 7 regioni, tra queste anche il Friuli-Venezia Giulia, dove l’incremento è del 3%.
Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova ha spiegato che continuando con circa 100-150 decessi al giorno, in un anno si arriverebbe a 60.000 morti, portando il Covid ad essere la prima causa di morte in Italia. Le vittime sarebbero prevalentemente anziani su cui il vaccino non ha avuto efficacia e non giovani non vaccinati, quindi si può pensare ad una riduzione del vaccino stesso, ma solo proteggendo i fragili dal contagio.
Crisanti ha evidenziato che il vaccino ha diminuito la probabilità che un anziano sviluppasse una forma grave ma permette una copertura contro la trasmissione molto bassa, che dopo tre mesi cala al 30%, anche se prosegue per le complicanze di malattia. Crisanti ha infine ricordato che il virus ha un indice di trasmissione altissimo, pari al morbillo, con il quale tutte le misure di distanziamento sociale non funzionano ed è per questo che bisogna proteggere i fragili dal contagio, perché gran parte delle vittime non sono no vax ma, nel 95% dei casi, sono fragili e vaccinati; l'obiettivo è dunque diminuire le possibilità di contagio di queste persone, innanzitutto facendo la quarta dose.
Davide Fifaco