La Corte europea dei diritti umani ha emanato quattro nuove condanne nei confronti dello Stato italiano per le emissioni dell'Ilva che mettono a rischio la salute della popolazione vicina all'impianto siderurgico. Le condanne sono relative ai ricorsi presentati tra il 2016 ed il 2019 da alcuni dipendenti del sito industriale e da alcune centinaia di cittadini della zona.
Nelle sentenze si sottolinea che l'Italia è stata già condannata per lo stesso motivo nel gennaio 2019 e che da allora questo caso è all'esame davanti al comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che deve verificare se il Paese ha messo in atto tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute degli abitanti.
La Corte europea sottolinea, inoltre, che lo scorso anno il comitato dei ministri ha stabilito che "le autorità italiane non avevano fornito informazioni precise sulla messa in atto effettiva del piano ambientale, un elemento essenziale per assicurare che l'attività dell'acciaieria non continui a rappresentare un rischio per la salute".
Dalla documentazione in possesso del comitato dei ministri risulta che il governo italiano ha presentato lo scorso 5 aprile nuovi elementi sull'attuazione del piano ambientale in vista di un nuovo esame del caso il prossimo giugno.
I cittadini avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Strasburgo perché ritenevano che l'Italia non avesse adottato le misure legali e regolamentari per proteggere la loro salute e l'ambiente ed inoltre non avesse fornito loro informazioni sull'inquinamento e sui rischi connessi alla loro salute.
Queste persone affermavano, infine, di aver subito una violazione del loro diritto a un ricorso effettivo. La Corte, citando le precedenti condanne all'Italia per altri casi collegati alle emissioni dell'acciaieria, ha sostenuto che c’è stata una violazione degli articoli 8 e 13 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, rispettivamente sul rispetto della vita privata e familiare e sul diritto a un ricorso effettivo.
Davide Fifaco