Antisemitismo, razzismo, nazionalismo aggressivo, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato, sono “tossine letali”, che circolarono fin dai primi anni del secolo scorso, “avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti". Solo le parole del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nella cerimonia al Quirinale in occasione del Giorno della Memoria.
La giornata che ricorda la Shoah, e le persecuzioni contro il Popolo ebraico, è stata celebrata in tutto il paese, sottolineando soprattutto il dovere di ricordare, di alimentare la memoria degli orrori del passato affinché non possano più ripetersi, perché, ha detto Mattarella, i principi della convivenza e del rispetto reciproco che "informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell'Uomo” sono “minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse ed esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante - alimentato dall'uso distorto dei social - dell'antisemitismo, dell'intolleranza, del razzismo e del negazionismo, che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa”.
"La Shoah rappresenta l'abisso dell'umanità – ha aggiunto Giorgia Meloni in un messaggio-, un male che ha toccato in profondità anche la nostra Nazione con l'infamia delle leggi razziali del 1938. È nostro dovere – ha aggiunto - fare in modo che la memoria di quei fatti e di ciò che è successo non si riduca ad un mero esercizio di stile".
Le leggi razziali furono annunciate da Mussolini a Trieste, e proprio nel capoluogo giuliano, l’unica città italiana ad ospitare un capo di sterminio, si è svolto uno degli eventi principali della giornata, la cerimonia alla Risiera di San Sabba. Dopo la deposizione delle corone da parte delle organizzazioni di deportati e combattenti e delle istituzioni, ha preso la parola il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che ha sottolineato i passi in avanti fatti dalla città nella convivenza civile: Trieste lo fu la città dove vennero annunciate le leggi razziali, ma in questi ultimi anni, ha detto Dipiazza “si è sempre più sopita la voce di coloro che usano la memoria solo per rinfocolare le divisioni e tornare ad accendere la violenza. È il risultato di un percorso di pacificazione e di verità che ho voluto intraprendere e incoraggiare”. Dipiazza fu il primo sindaco a far tradurre il proprio intervento per la cerimonia alla Risiera in lingua slovena.
Nel corso della cerimonia ha parlato anche il sindaco di Duino Aurisina, Igor Gabrovec, che ha ricordato le discriminazioni e le persecuzioni che, a partire dall’incendio del Narodni Dom, coinvolsero non solo il popolo ebraico, ma anche la popolazione slovena di Trieste, oltre ai Rom o altre categorie come I gay, e di come spesso questi fatti fossero stati, e siano anche oggi, accolti con indifferenza dal resto della popolazione. “L’antisemitismo è un virus - ha aggiunto - sempre pronto a risvegliarsi”.
Prima della cerimonia alla Risiera, si era svolta anche la “marcia silenziosa” dal carcere del Coroneo (dove fu imprigionato fra gli altri Giovanni Palatucci, poliziotto morto a Dachau e nominato Giusto tra le nazioni nel 1990 per aver salvato prima della deportazioni molti ebrei), fino alla stazione, dove partivano i treni diretti ai campi di sterminio.
La necessità non solo di conservare, ma anche di divulgare fra le giovani generazioni la memoria della Shoah è stata sottolineata a margine della cerimonia anche dal presidente della Comunità ebraica di Trieste Alessandro Salonichio: “Il nostro compito – ha detto - è quello di fare il possibile, e fare abbastanza, affinché la memoria possa essere preservata, conservata e coltivata”. “Il rischio è che più ci si allontana dalle date in cui questa tragedia si è verificata, e i testimoni vengono a mancare, più questa missione diventi difficile, ma è il nostro compito, degli eredi, è quello d’impegnarci a istruire le giovani generazioni su quello che è successo”.
Salonichio ha anche concordato con Gabrovec sul pericolo rappresentato dall’indifferenza di chi non è direttamente colpito dalle discriminazioni: “Il fatto che una tragedia colpisca altri, spesso ci fa pensare che non possa arrivare a noi”. “In realtà l’esperienza ci ha insegnato esattamente il contrario. È compito nostro, e anche delle istituzioni, tenere alta l’attenzione e intervenire quando si debbano verificare questi fenomeni”.
Il presidente della Comunità ebraica di Trieste è comunque soddisfatto dall’atteggiamento che il governo italiano e la nuova maggioranza hanno avuto verso la Comunità ebraica e le celebrazioni del Giorno della Memoria: “Questa è la il primo Giorno della Memoria dall’insediamento del nuovo governo, e devo dire che c’è stata attenzione, c’è stata solidarietà, il governo è stato vicino in particolare all’Unione delle comunità ebraiche, che sta a Roma, più vicina rispetto a noi, ma anche nei riguardi delle comunità locali”. Speriamo che in futuro questa linea non cambi, e possa anche migliorare; naturalmente i comportamenti che vengono messi in atto devono essere in continuità con la storia e l’interesse di tutti quanti noi che dobbiamo ha tramandare la memoria alle nuove generazioni”.
Alessandro Martegani