Foto: AP
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Un’indagine a 360 gradi che non guardi in faccia a nessuno, e arrivi finalmente alla verità sulla sorte di Emanuela Orlandi, la ragazza di 15 anni, cittadina del Vaticano, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983.
È quanto chiede il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, dopo un colloquio durato otto ore con il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi.
Dopo decenni di silenzio e rivelazioni non confermate, ma nemmeno smentite dai fatti, sembra che il Vaticano voglia fare chiarezza e Pietro Orlandi, che da decenni si batte per sapere la verità sulla sorte della sorella, è stato sentito come "persona informata sui fatti" nell'ambito della nuova inchiesta aperta dal Vaticano”. “È importante - ha detto Pietro Orlandi - che dopo 40 anni il Vaticano apra un'inchiesta e che mostri la volontà di chiarire".
Si tratta di un’inchiesta appena iniziata, e le speranze di sapere la verità sulla sorte di Emanuela, vista l’ultima volta da due amiche la sera del 22 giugno dell’83 dopo una lezione di musica, sono ancora tutte da valutare, ma per la prima volta il Vaticano sembra intenzionato a procedere, nonostante le indiscrezioni nel corso degli anni, e due registrazioni, puntino il dito proprio contro gli apparati della Santa sede, non risparmiando nemmeno papa Giovanni Paolo secondo.
Dichiarazioni in questo senso giungono da registrazioni di esponenti della banda della Magliana, gruppo mafioso criminale che dominava Roma in quegli anni. Uno dei capi, Enrico De Pedis, aveva rapporti con il Vaticano e fu sepolto nella basilica di Sant'Apollinare, accanto a santi e cardinali.
Fra le ipotesi che si sono incrociate ci sono quella di un rapimento da parte della Banda per ottenere la restituzione del denaro investito nello IOR attraverso il Banco Ambrosiano, ma anche di un favore fatto da De Pedis agli apparati della Chiesa, per coprire abusi sessuali, atti che uno degli esponenti della banda, in una registrazione, associa addirittura al Papa.
Tutte ipotesi non provate finora, ma che per Pietro Orlandi vanno verificate senza reticenze, per dare un nome e un volto ai rapitori e probabilmente agli assassini di Emanuela. "Abbiamo parlato di tante cose - ha riferito dopo il colloquio con i magistrati vaticani -, della famosa 'trattativa Capaldo', del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso. Ho trovato ampia disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto, qualunque sia la responsabilità”. “Il fatto stesso che il promotore abbia ricevuto da papa Francesco e dal Segretario di Stato il compito di fare chiarezza e non fare sconti a nessuno - ha concluso - è significativo, se ci sono responsabilità, anche in alto, io non mi tiro indietro”.

Alessandro Martegani