Campagna elettorale anticipata, distrazione di massa, tutela degli interessi italiani: sono molte le interpretazioni del nuovo attacco del Movimento 5 Stelle alla Francia.
I rapporti fra Roma e Parigi non erano mai stati così tesi degli ultimi anni: nonostante qualche fuga in avanti nell'affrontare la crisi libica, il clima era stato positivo nel corso del governo Gentiloni, ma tutto è cambiato con il governo Gialloverde.
L'accusa a Parigi d'impedire lo sviluppo dell'Africa con una sorta di neocolonialismo monetario, è l'ultima di una serie di frizioni fra l'attuale governo e la Francia, consumata sullo sfondo di una rivalità in Europa. Le armi si erano incrociate sul tema dell'immigrazione: prima il blocco dei migranti a Ventimiglia, poi i controlli in territorio italiano a Bardonecchia e i rinvii dei migranti da parte dalla gendarmeria, avevano provocato la reazione di Matteo Salvini, che non aveva esitato ad accusare Parigi di non voler collaborare.
Ma è sul fronte economico che si combatte la battaglia più importante: accanto al braccio di ferro a Bruxelles, l'Italia aveva reagito ai tentativi di gruppi francesi di rilevare parti del tessuto produttivo italiano, dalla scalata di Lactalis sul gruppo agroalimentare Parmalat nel 2011, allo scontro fra la francese Vivendi e il fondo Elliott per il futuro di Telecom, fino alle resistenze francesi all'ingresso di Fincantieri nei Chantiers de l'Atlantique.
In questo quadro gli attacchi di Luigi di Maio, e dei 5 stelle, che avevano appoggiato i gilet gialli, offrendo anche il supporto della piattaforma Rousseau, che ora accusano la Francia di causare i flussi migratori impedendo lo sviluppo dell'Africa, appaiono solo l'ultimo capitolo di un rapporto difficile, che rende ancor più complesse le trattative sulla Libia e di fatto anticipa lo scontro della campagna elettorale per le europee di maggio.
Alessandro Martegani