Una piccola creatura, lunga al massino cinque millimetri, rischia di cancellare nel giro di pochi anni le foreste di abeti del Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto.

Foto: BoBo
Foto: BoBo

Il bostrico tipografo è un coleottero tradizionalmente abbastanza comune nei boschi italiani: normalmente si riproduce nel legno malato o già morto, scavando sotto la corteccia delle gallerie che ricordano delle scritte, ma negli ultimi anni i cambiamenti del clima sembrano aver innescato un processo di proliferazione che rischia di distruggere le foreste, e in particolare gli esemplari di abeti rossi, anche quelli sani.
Il cambiamento climatico, con la siccità, l’aumento delle temperature e gli eventi meteorologici estremi, ha trasformato il bostrico da insetto utile alla biodiversità, come cibo per le altre specie e consumatore di piante morte, a distruttore delle foreste.
Sarebbero già 16 milioni gli abeti divorati da questo parassita nei boschi di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige: i tunnel scavati dal Bostrico sotto la corteccia, dove si riproduce, impediscono infatti al nutrimento di raggiungere il resto della pianta, gli abeti perdono il colore verde, e poi muoiono.

Gli effetti di Vaia nel 2018
Gli effetti di Vaia nel 2018

Il processo in Italia è stato innescato dalla tempesta Vaia del 2018, che ha prodotto un’enorme quantità di alberi morti, dando il via una proliferazione del Bostrico, che ha cominciato ad attaccare anche le piante sane.
Ventimila ettari di foresta sono già stati distrutti in Italia, e l’insetto si è diffuso anche in Francia, Repubblica Ceca, Germania, Austria, oltre che in paesi freddi dove non era presente come Svezia, Norvegia e Regno Unito, e purtroppo si tratta di un processo che sembra per ora impossibile da fermare: i tentativi d’isolare le aree contaminate abbattendo gli alberi, favorendo la presenza dei predatori come i picchi, o piazzando delle trappole, si sono rivelati inefficaci.
L’unica speranza è che si tratti di una sorta di ciclo: i dati provenienti dell’estero indicano che le infestazioni hanno una durata di sei o sette anni, e in alcune zone, come il Trentino, si è notata già una riduzione, dovuta al calo delle piante quindi del cibo per il parassita, ma la situazione rimane critica e il pericolo che intere foreste vengano cancellate nel giro di pochi anni è concreto.

Alessandro Martegani