Era stato uno dei richiami più forti del discorso d’insediamento di Sergio Mattarella, e a meno di due settimane dal suo appello, il Governo ha fatto il primo passo verso la riforma della giustizia.
Le indagini giudiziarie e giornalistiche che avevano messo in luce logiche correntizie all’interno della magistratura e in generale la scarsa efficienza del sistema giudiziario, aveva fatto capire chiaramente il Capo dello Stato, rendono la riforma non più rinviabile, e Mario Draghi sembra aver raccolto il messaggio, cercando il più ampio appoggio possibile da parte delle forze politiche presenti in Parlamento alla riforma varata dall’esecutivo.
“C'è stata condivisione della riforma e delimitazione delle aree con differenze di vedute e impegno ad adoperarsi con i capigruppo per avere priorità assoluta in parlamento entro l'elezione del nuovo Csm - ha spiegato il premier dopo l’approvazione - Ci sono delle differenze di opinioni ma c’è stata questa consapevolezza della necessità di un pieno coinvolgimento delle forze politiche: quindi niente tentativi di imporre la fiducia, è un provvedimento di portata tale che necessita di questa apertura”.
L ‘obiettivo dichiarato è quello di approvare la riforma entro luglio, mese in cui è stata fissata l’elezione del nuovo organismo di autogoverno dei giudici italiani, che dovrà essere designato con le nuove regole, ma anche, ha aggiunto la ministra della Giustizia Marta Cartabia di “accompagnare la magistratura in un percorso di recupero della piena fiducia e credibilità”.
Fra i principi a cui s’ispira la riforma c’è anche l’impossibilità per i magistrati di rientrare in ruolo dopo aver fatto attività politica, che diventerà quindi un’avventura senza ritorno per i giudici, e anche dopo aver svolto degli incarichi ministeriali le toghe dovranno attendere tre anni. Viene introdotto il voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati, e s’interviene sul meccanismo di elezione del Csm, con un sistema misto, basato su collegi binominali, e su una quota proporzionale di 5 seggi a livello nazionale.
Sulla riforma però pesano anche i referendum, in tutto sei quesiti che saranno esaminati a giorni dalla Corte Costituzionale e che chiedono l’abolizione della legge Severino, che prevede la non eleggibilità dei condannati per una serie di reati, limiti alla custodia cautelare, la valutazione e la responsabilità diretta dei magistrati, e anche la stessa riforma del Csm, accanto a uno dei punti critici della giustizia italiana, la Separazione delle carriere dei magistrati tra funzione giudicante e requirenti, uno dei cavalli di battaglia della destra italiana.
Alessandro Martegani