Trovare un accordo, e in fretta. L'amministrazione Trump rivendica la leadership nel faticoso processo negoziale tra Serbia e Kosovo, allo stallo negli ultimi anni, lanciando a sorpresa un summit da tenere a Washington il prossimo 27 giugno.
L'iniziativa, coordinata da Richard Grenell, inviato speciale USA ai negoziati, è stata però accolta con visibile scetticismo nell'Unione europea, che si vede messa in secondo piano dall'iniziativa diplomatica americana.
A turbare i sonni in molte capitali europee è il dubbio che a Trump interessi un'intesa ad ogni costo, anche quello di avallare un pericoloso scambio di territori tra Belgrado e Pristina, pur di ottenere un successo internazionale da mostrare al proprio elettorato in vista delle prossime elezioni presidenziali americane.
I rappresentanti di Serbia e Kosovo, intanto, hanno già confermato la loro presenza a Washington: il presidente serbo Vučić, dato per sicuro trionfatore nelle elezioni politiche previste domani in Serbia, ha dichiarato che la natura dei negoziati a Washington sarà prevalentemente economica, annunciando anche che volerà a Mosca per consultazioni con Putin prima del summit negli Stati Uniti.
A Pristina il clima politico è invece molto più turbolento. L'ex premier Albin Kurti, recentemente sfiduciato, ha infatti accusato gli Stati Uniti di aver provocato la caduta del suo governo, proprio perché considerato un ostacolo ad accordi facili.
Per il presidente Hashim Thaçi, però, "il Kosovo non ha più tempo da perdere", e i negoziati voluti da Trump rappresentano un passo importante per consolidare il paese e rilanciare le prospettive euro-atlantiche del Kosovo.
Francesco Martino
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