
A Roma si è svolto il secondo round di colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti sul nucleare, in particolare sull'arricchimento dell'uranio, dopo il fallimento delle trattative nel 2018. I negoziati, durati circa quattro ore, si sono svolti presso l'ambasciata dell'Oman e sono stati considerati costruttivi. Le discussioni sono state mediate da un funzionario omanita, con le delegazioni che hanno negoziato separatamente. Le due parti hanno concordato di continuare i colloqui con un terzo round previsto sabato prossimo in Oman.
Teheran e Washington non intrattengono relazioni diplomatiche formali dal 7 aprile 1980, ma l'incontro odierno a Roma sottolinea l'importanza delle trattative in corso. La delegazione iraniana era guidata dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi, mentre gli Stati Uniti erano rappresentati da Steve Witkoff, inviato speciale di Trump. In un contesto di alta discrezione, Witkoff, prima di arrivare a Roma, si è fermato a Parigi dove, tra una riunione sull'Ucraina e l'altra, ha incontrato in sordina alcuni ufficiali israeliani, tra cui funzionari del Mossad, rivelando una dimensione complessa dei colloqui.
Per monitorare la situazione, era presente anche Rafael Grossi, direttore generale dell'Agenzia ONU per l'energia atomica, che pochi giorni fa, dopo una visita a Teheran, ha avvertito che all'Iran manca poco per acquisire la capacità di produrre una bomba nucleare. Secondo fonti non ufficiali, Teheran avrebbe proposto di discutere il suo programma nucleare senza chiedere una sospensione, puntando a un accordo equilibrato piuttosto che a una resa. Sebbene Teheran neghi di voler sviluppare armi nucleari, accusa Israele di essere l'ostacolo principale a un Medio Oriente senza armi nucleari, in quanto il paese possiede un arsenale nucleare non dichiarato.
Nel 2015, un accordo sul nucleare iraniano aveva coinvolto Francia, Germania, Russia e Unione Europea, ma nel 2018 Trump ritirò gli Stati Uniti dall'intesa, interrompendo un processo che sembrava promettente. Da allora, il Medio Oriente è diventato sempre più instabile. Trump stesso ha ammesso che la situazione non è migliorata e, poco tempo fa, ha fermato anche un tentativo israeliano di attaccare i siti nucleari iraniani.
In un contesto segnato dalle difficoltà nelle trattative sull'Ucraina, una vittoria diplomatica per Washington sarebbe molto apprezzata. Tuttavia, le questioni legate all'accordo del 2015 rimangono centrali nei negoziati. La Casa Bianca insiste che un nuovo accordo dovrà essere significativamente diverso, seguendo le politiche di Trump, allo stesso tempo, l'Iran necessita di un accordo che offra sollievo economico e politico.
Corrado Cimador