Nessun accordo tra governo e opposizione in Macedonia sul referendum che, il prossimo autunno, dovrebbe decidere le sorti dell'accordo con la Grecia per la trasformazione del nome della repubblica ex-jugoslava. Il premier Zoran Zaev è però deciso ad andare avanti.
Riuscirà la Macedonia a ratificare gli accordi di Prespa, sottoscritti a giugno con la Grecia per mettere fine all'infinita disputa sul nome e avvicinarsi ad Unione europea ed Alleanza atlantica?
Nonostante l'ottimismo generato dalla storica intesa, con cui lo stato ex-jugoslavo ha acconsentito a modificare il proprio nome costituzionale, trasformandolo in "Macedonia del nord", la strada resta tutta in salita.
Nonostante un esordio incoraggiante, ieri il governo a guida socialdemocratica di Zoran Zaev e l'opposizione di centro-destra della VMRO non sono riusciti a raggiungere un accordo sul referendum che, il prossimo autunno, dovrebbe consentire ai cittadini macedoni di accogliere o rigettare l'accordo.
Dopo il nulla di fatto, Zaev ha accusato Hristijan Mickovski, nuovo il leader dell'opposizione, di "vivere nel passato", di "tradire degli interessi della Macedonia" e di voler sabotare le prospettive di integrazione euro-atlantiche del paese pur di salvare il suo mentore, ed ex premier Nikola Gruevski, attualmente sotto processo da parte della Procura speciale istituita nel 2015.
Da parte sua Mickovski ha dichiarato che il pomo della discordia resta la formulazione del quesito referendario, che secondo il leader della VMRO deve essere univoca, e relativa solo al cambio del nome e non alle successive prospettive di integrazione.
Il destino della fondamentale consultazione popolare resta quindi in sospeso: Zaev ha dichiarato di voler andare avanti, ma senza un accordo con l'opposizione, che minaccia di chiamare i propri elettori al boicottaggio, raggiungere l'affluenza minima del 50% resta un miraggio
Francesco Martino