È andato a tre economisti americani il premio nobel per l’economia 2022: in tarda mattinata il Comitato del Nobel intitolato alla Banca centrale svedese ha annunciato i tre nomi che divideranno il premio del 2022: si tratta di Ben Bernanke, della Brookings institution, centro per la ricerca e l'educazione nelle scienze sociali senza scopo di lucro, fondato a Washington, nel 1916, Douglas Diamonds dell’università di Chicago, e Philip Dybvig, della Washington University, per la “ricerca sulle banche e le crisi finanziarie”.
“La Grande Depressione degli anni '30 – dice la motivazione - paralizzò le economie mondiali per molti anni e ebbe vaste conseguenze sulla società. Tuttavia, abbiamo gestito meglio le successive crisi finanziarie grazie agli approfondimenti della ricerca dei vincitori di quest'anno, che hanno dimostrato l'importanza di prevenire crolli bancari diffusi”.
Tutti e tre gli economisti hanno studiato il tema delle banche in relazione alle gravi crisi economiche del passato, a partire da quella degli anni 30, fino alle più recenti del 2008 e poi nel corso della pandemia, concludendo che per mantenere un sistema che sia utile per la collettività, con costi accettabili e che possa realmente contribuire al bene comune e all’economia, lo stesso sistema bancario debba anche essere regolamentato, e preparato ai cambiamenti improvvisi dell’economia.
Lo stesso Douglas Diamonds ha spiegato il proprio lavoro intervenendo via telefono nel corso della conferenza stampa dicendosi anche “stupito” di aver vinto il Nobel.
Quello per il premio per l’Economia, sostenuto dalla Banca centrale di Svezia, ha chiuso la serie di annunci dei riconoscimenti dedicati alla memoria di Alfred Nobel, iniziata lo scorso 3 ottobre con il premio dedicato alla medicina.
Tutti i riconoscimenti, compreso quello per l’economia, saranno consegnati ai vincitori nella cerimonia solenne del 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel.
Lo scorso anno il premio per l’economia, l’ultimo ad essere istituito a partire dal 1969, era andato a David Card, economista dell’università di Berkeley in California, che ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di strumenti come salari minimi, immigrazione e istruzione, dimostrando come l'aumento del salario minimo non porti necessariamente a un minor numero di posti di lavoro, e a Joshua Angrist e Guido Imbens, studiosi rispettivamente del Massachusetts Institute of Technology e dell’università di Stanford "per il loro metodo contributi all'analisi delle relazioni causali", in particolare in situazioni in cui non si può né costringere né vietare alle persone di partecipare a programmi di studio.
Alessandro Martegani