Foto: Reuters
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Il 2020 si aprì con un annuncio drammatico: Pechino confermava il decesso di un uomo a causa di una grave forma di polmonite acuta, causata da un nuovo coronavirus. Pochi mesi prima, nel dicembre 2019, nella città di Wuhan, era stato individuato il primo focolaio. Da lì, il virus si propagò a una velocità senza precedenti, trasformando un’epidemia locale in una pandemia globale che avrebbe fermato il mondo, causato oltre sette milioni di vittime e messo in ginocchio i sistemi sanitari ed economici di molti Paesi. Misure restrittive come chiusure di frontiere e rinvii di eventi internazionali divennero la norma, mentre la vita quotidiana cambiò drasticamente con l'introduzione del distanziamento sociale, del lavoro da remoto e della didattica online. Grazie a uno sforzo senza precedenti, oltre 13,6 miliardi di dosi di vaccino sono state somministrate in tutto il mondo, contribuendo a ridurre la gravità della malattia e a salvare milioni di vite. Tuttavia, il Covid-19 ha lasciato un segno indelebile. Molti pazienti continuano a soffrire della cosiddetta sindrome da “long Covid”, una condizione debilitante che può protrarsi per mesi o anni. Inoltre, il virus, pur attenuato, resta in circolazione, con la possibilità che emergano nuove varianti più aggressive. La comunità scientifica mette quindi in guardia contro la possibilità di nuove pandemie. In Cina, l’aumento dei casi di metapneumovirus umano sta già destando preoccupazione. Questo virus respiratorio, che provoca sintomi simili all’influenza, rappresenta infatti una minaccia per anziani, bambini piccoli e persone immunodepresse. Gli esperti sottolineano quindi l’importanza di applicare le lezioni apprese durante la pandemia per contenere la diffusione di future malattie infettive. Tra le misure raccomandate, un’adeguata igiene delle mani, il rispetto di semplici regole come tossire o starnutire nel gomito, e l’uso di mascherine in situazioni a rischio

M.N.