Svuotare le carceri sovraffollate mentre l'epidemia di COVID19 si espande rapidamente: con questo obiettivo il parlamento turco ha votato a inizio settimana un provvedimento che consentirà a decine di migliaia di detenuti di godere degli arresti domiciliari almeno fino a fine maggio.
Dalle nuove disposizioni, però, sono esclusi non solo gli autori di reati violenti, ma anche tutti quelli che sono in carcere sotto la controversa definizione turca di "terrorismo", che comprende migliaia di oppositori politici al presidente Recep Tayyp Erdogan.
Restano quindi dietro le sbarre centinaia di politici e giornalisti, soprattutto quelli accusati di aver appoggiato il PKK curdo o la rete dell'imam Fethullah Gulen, che le autorità di Ankara ritengono responsabile del tentato golpe anti-Erdogan dell'estate 2016. Tra di loro, i leader del partito pro-curdo HDP Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ e il giornalista e scrittore Ahmet Altan.
Una decisione fortemente criticata da opposizione e organizzazioni a difesa dei diritti umani. "I tanti ingiustamente condannati sotto l'ambigua legislazione anti-terrorismo turca sono destinati ora alla prospettiva di ammalarsi in carcere", è l'accusa che arriva da Amnesty International Turchia.
Il sistema carcerario turco è oggi il più sovraffollato d'Europa, con quasi 300mila detenuti, di cui 50mila per reati di "terrorismo". Lunedì scorso, un giorno prima dell'approvazione del provvedimento svuota-prigioni, il ministro della Giustizia Abdulhamit Gül ha annunciato la presenza di 17 casi confermati di COVID19 negli istituti di pena turchi, insieme alla morte di tre detenuti.
Francesco Martino