Nonostante le veementi proteste dell'opposizione, scesa in piazza domenica scorsa ad Atene, e gli scossoni nel sistema politico greco, il governo di Alexis Tsipras punta spedito alla ratifica degli accordi di Prespa, che mettono fine alla ventennale disputa sul nome con la vicina Macedonia.
Dopo la manifestazione di domenica, che ha raccolto almeno 60mila persone nel centro di Atene, sfociando anche in scontri di alcune frange violente con la polizia, lunedì l'intesa ha però ripreso l'iter parlamentare, che dovrebbe sfociare nel voto finale previsto per domani sera.
L'approvazione degli accordi ha provocato un vero terremoto nel sistema politico greco, provocando spaccature profonde in molti partiti sulle intenzioni finali di voto: come nel caso dei Greci Indipendenti, piccola formazione di destra e partner di minoranza della Sinistra radicale di Tsipras nel governo governo, il cui leader Panos Kammenos, già ministro della Difesa, ha abbandonato l'esecutivo proprio in opposizione all'intesa.
Secondo le previsioni della vigilia, però, alla fine Tsipras dovrebbe spuntarla, anche se con una maggioranza risicata, 152 voti sui 300 del parlamento greco.
Nel caso di ratifica definitiva, la Macedonia, termine che i greci ritengono appartenere alla propria eredità storica, cambierà il proprio nome costituzionale in Macedonia del Nord. In cambio, Atene farà cadere il proprio veto all'integrazione euro-atlantica di Skopje.
Sarebbe la fine di uno degli scontri diplomatici più lunghi nei Balcani, per molti, il più surreale tra quelli cha hanno segnato la regione dal dissolvimento della federazione jugoslava.
Francesco Martino