Foto: Reuters
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Il leader del partito Unione Nazionale, Benny Gantz, lo scorso 18 marzo ha lanciato un ultimatum al primo ministro, Benjamin Netanyahu, chiedendo l'adozione di un "piano d'azione" per il dopoguerra a Gaza entro l'8 giugno, quindi entro oggi, in caso contrario sarebbe stato "costretto a dimettersi" dall'esecutivo di cui fa parte dallo scorso 7 ottobre. Proprio in occasione dell'attacco da parte di Hamas, Gantz, lo ricordiamo, è stato l'unico leader dell'opposizione ad accettare la richiesta di Netanyahu di formare un governo di Unità nazionale in tempo di guerra, ed ha ottenuto un posto nel Gabinetto di guerra, dove è uno dei tre membri con il diritto di voto.
Benny Gantz ha comunque deciso di posticipare l’annuncio sull’abbandono del governo dopo la notizia del salvataggio di quattro ostaggi dalla Striscia di Gaza, rapiti lo scorso 7 ottobre da Hamas al festival musicale Nova. Si tratta di tre uomini e una donna che sono poi stati portati in ospedale per controlli medici, ha spiegato l'esercito di Israele. Tutti sono in buona salute.
Il partito di Gantz intanto, la scorsa settimana, ha presentato una proposta di legge per lo scioglimento del parlamento, le possibilità di successo però sono comunque scarse dato che il Likud di Netanyahu detiene ancora la maggioranza, assieme agli alleati di estrema destra e ultraortodossi.
Benny Gantz però non è l'unico a voler abbandonare l'esecutivo. Anche il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ed altri alleati di estrema destra, hanno minacciato di lasciare il governo nel caso Netanyahu decidesse di accettare il piano per la tregua a Gaza di Joe Biden.
Nel caso l'esecutivo di Tel Aviv dovesse cadere e gli israeliani venissero chiamati alle urne, Gantz è il favorito per formare una nuova coalizione. Secondo un sondaggio, pubblicato da Channel 12, il canale più visto in Israele, il 62% degli israeliani non voterebbe un partito politico disposto a sostenere Netanyahu. Tra questi anche il 30% degli elettori che lo hanno votato a novembre 2022.
Inoltre, il 56% degli intervistati si è espresso a favore della proposta di cessate il fuoco del presidente statunitense; contrario il 24%.