Foto: Reuters
Foto: Reuters

Hamas ha lanciato una nuova minaccia allo Stato ebraico, affermando in modo inequivocabile che il prolungamento delle operazioni militari da parte di Israele comporterà la tragica conseguenza del rimpatrio degli ostaggi "dentro le bare." Questa prospettiva è stata ulteriormente rafforzata dall'annuncio di "istruzioni' impartite ai miliziani che tengono in custodia i prigionieri, con l'esplicita finalità di intensificare le misure di deterrenza in caso di avanzamento dell'IDF. Il gruppo islamista ha sottolineato la propria intransigenza in merito accusando al contempo il Premier Netanyahu nel voler perseguire una soluzione militare piuttosto che negoziare un accordo pacifico. Sulle trattative continuano a lavorare incessantemente i mediatori che negli ultimi giorni, soprattutto dopo il ritrovamento dei cittadini uccisi dal movimento hanno espresso riserve per una risoluzione nel breve termine. Perplessi in merito anche gli Stati Uniti, che nonostante il sostegno a Tel Aviv hanno puntato il dito contro lo stesso Premier. Biden ha espresso dubbi circa l'impegno profuso da Netanyahu per la stipula di un accordo con Hamas. Fonti vicine alle trattative hanno rivelato ai media che il Presidente potrebbe presentare entro questa settimana un ultimatum alle parti coinvolte al fine di raggiungere una tregua. Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha proposto questa strategia durante un incontro virtuale con i familiari degli ostaggi statunitensi. Nel frattempo, il Ministro degli esteri inglese David Lammy ha comunicato l'intenzione del Regno Unito di sospendere parzialmente le licenze di esportazione di armamenti destinati allo Stato ebraico. La decisione è stata motivata dalla preoccupazione che queste armi possano essere utilizzate in violazione del diritto internazionale umanitario. Israele ha condannato con forza la decisione di Londra, affermando che in tal modo si fornisce un sostegno diretto ai terroristi di Hamas e ai loro alleati.