Settantaquattro anni sono ormai passati dal 6 agosto del 1945 quando gli Stati Uniti impiegarono, per la prima volta nella storia dell'umanità, un'arma atomica su Hiroshima causando oltre 10 mila vittime e migliaia di feriti, molti dei quali morirono successivamente.
Tre giorni dopo, il 9 agosto, una sorte simile toccò a un'altra città giapponese, Nagasaki dove per l'ultimo impiego, sempre da parte americana, di una bomba di questo tipo persero la vita circa 80 mila persone. Un rischio che, a guardarlo oggi, sembra lontano, anche se come sottolinea Carlo Trezza in un articolo pubblicato dall'ISPI il pericolo di impiego di armi nucleari negli ultimi anni invece che attenuarsi sta aumentando. Il cosiddetto "orologio dell'apocalisse" istituito dagli scienziati del Bulletin of Atomic Scientists di Chicago segna una distanza da una probabile esplosione analoga a quella registrata nei momenti più tesi della guerra fredda. Si sta, infatti, ritornando ad una spirale di riarmo che portò la proliferazione negli anni Ottanta di testate nucleari, che superarono all'epoca le 60 mila unità. Inoltre, passi indietro si stanno facendo anche a livello diplomatico e strategico con il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato INF sulla proibizione delle armi nucleari a raggio intermedio, la violazione dell'intesa sul nucleare tra Iran e USA e i ritardi sulla proroga del nuovo Start, che dovrebbe garantire un peace agreement nucleare tra USA e Russia. Mai come oggi, quindi, è importante ricordare i fatti di settantaquattro anni fa, perché quello che avvenne nel passato non si ripeta in un prossimo futuro.
Barbara Costamagna