Foto: Reuters
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Settantanove anni fa il mondo fu testimone di cosa significasse un attacco con armi atomiche, con il bombardamento fatto dagli Stati Uniti sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Il 6 e il 9 agosto 1945, infatti, due esplosioni devastanti portarono alla morte di oltre 200.000 persone, considerando quelle uccise al momento dell’esplosione e quelle morte nei mesi e negli anni successivi a cuasa dell'esposizione alle radiazioni.

La temperatura raggiunta nell'epicentro della bomba di Hiroshima, soprannominata "Little boy", fu stimata sui 7.000 gradi. Una autentica "palla di fuoco" che causò gravi e fatali ustioni a chi si trovava nel raggio di circa tre chilometri, oltre che cecità temporanea e danni irreversibili agli occhi. Le esplosioni atomiche emisero, inoltre, radiazioni nocive, causando in molti malattie mortali a breve e lungo termine.

Le bombe su Hiroshima e Nagasaki assestarono il colpo finale al Giappone, che si arrese il 15 agosto 1945, ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale e l'anniversario di questi attacchi si è trasformato negli anni in un monito all'utilizzo di questo tipo di armi in caso di guerra. In prima linea ancora oggi nella lotta contro l'utilizzo di armamenti atomici logicamente il Giappone, che anche oggi ricorda con una cerimonia ad Hiroshima le vittime del primo attacco nucleare della storia, che si spera continui a restare anche l'ultimo.

Barbara Costamagna