Dopo un testa a testa serratissimo il leader di sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva, ha vinto il ballottaggio con il 50,9% delle preferenze, ed è stato eletto presidente del Brasile per la terza volta. Lula ha battuto l'attuale capo dello Stato e leader della destra Jair Bolsonaro, il primo presidente che ha fallito nel suo tentativo di rielezione.
Sconfitto nel ballottaggio, Bolsonaro si è chiuso in 48 ore di silenzio e non ha commentato subito i risultati ufficiali né ha riconosciuto la vittoria del suo avversario, soffiando in una certa misura sul vento delle proteste dei suoi sostenitori che hanno bloccato le autostrade in almeno 25 Stati, in un Paese in cui il trasporto merci avviene tutto su gomma. Tra questi anche l'autostrada San Paolo-Rio de Janeiro, l'arteria più importante del Paese. La tensione era alta al punto che in un episodio a Belo Horizonte un suo elettore ha sparato a caso uccidendo un uomo di 28 anni e ferendo altre quattro persone, tra cui un bambino di 12. Dopo che la situazione rischiava di sfuggire di mano, Bolsonaro ha parlato ieri per ringraziare i suoi elettori, dei quali ha giustificato i blocchi stradali che, è la sua tesi, scaturiscono da "un sentimento di indignazione e di ingiustizia per il processo elettorale". Un invito a rimanere nell'agone democratico, anche se non proprio un messaggio distensivo.
Lula intende riportare la pace sociale e ricollocare il paese sulla scena internazionale. Spetta ora a lui, già capo di Stato dal 2003 al 2011, governare un paese diviso, per il quale immagina un futuro importante nella lotta contro la crisi climatica e per la deforestazione zero dell'Amazzonia. L'ex sindacalista vuole più libertà, più uguaglianza e più fraternità, ma anche un ruolo più centrale per il paese sulla scena internazionale, dopo la marginalizzazione degli anni di Bolsonaro.
Valerio Fabbri