Dopo quattro giorni in cui gli Stati Uniti sono rimasti senza organo legislativo, ora il Congresso può finalmente cominciare davvero a lavorare. Opererà però in una situazione che renderà assai difficile la gestione nei prossimi due anni.
Nel tempio della democrazia americana l'ex presidente, Donald Trump, è tornato protagonista: ha infatti svolto un ruolo determinante per la vittoria del repubblicano Kevin McCarthy. Dopo 14 votazioni fallite, Trump ha telefonato all'arcinemico di McCarty, Matt Gaentz, e ad un altro dissidente, Andy Biggs, per convincerli a dare la loro preferenza al "suo" candidato. Gaentz, in precedenza si era detto ottimista sulla possibilità di un accordo ed aveva deciso di astenersi. Una mossa inaspettata che ha scatenato l'ira di McCarthy. I due hanno avuto un duro scambio di battute, al limite del confronto fisico. La situazione ha richiesto l'intervento dei colleghi di partito.
La pressione dell'ex capo dello Stato americano comunque non ha funzionato sul leader dei ribelli, che si è astenuto anche all'ultimo voto. Senza il voto contrario di Biggs però, che si è pure astenuto assieme ad altri quattro dissidenti, McCarthy è riuscito a spuntarla ottenendo i 216 voti necessari. "Finalmente!", ha esclamato il californiano quando è stato reso noto il risultato del voto.
"È stato facile, eh? Non pensavo saremmo mai arrivati quassù", ha detto il neo-speaker della Camera nel suo primo discorso. McCarthy si è poi rivolto alla Camera affermando che lavorerà per far vincere agli Stati Uniti la competizione economica con la Cina. Ha poi sottolineato che "ora comincia il lavoro più difficile. Quel che facciamo qui oggi, la prossima settimana, il mese prossimo, il prossimo anno, darà il tono a tutto ciò che seguirà. Come speaker della Camera ... la mia responsabilità, la nostra responsabilità finale, è verso il nostro Paese", ha affermato ancora McCarthy.
Ricordiamo che era dal 1923 che uno speaker non veniva eletto il primo giorno e dal 1859 che non si verificavano così tante votazioni.
E. P.