La politica della tolleranza zero al Covid, perseguita con ostinazione da quasi tre anni, si e' trasformata in un boomerang per la leadership cinese. Le migliaia di persone scese a manifestare nelle varie citta' del paese, anche a costo di pesanti conseguenze, hanno preso di mira per la prima volta direttamente il partito comunista e il presidente Xi Jinping, di cui sono state chieste le dimissioni insieme a una svolta democratica. La Cina si ribella alla politica zero-Covid del regime che da tre anni, praticamente senza interruzioni, impone durissime restrizioni per contrastare i contagi. I cittadini sono scesi nelle strade contro la linea del governo comunista in numero mai visto nei dieci anni del Presidente Xi Jinping, con tensioni, arresti e violenti disordini con la polizia. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni di Xi, richiesta pesantissima in un paese che non riconosce diritti e liberta' civili e in cui si rischia l'arresto per la semplice manifestazione del dissenso. Il malcontento e' esploso a causa dei tre anni di insofferenza per le misure draconiane imposte da Pechino che costringono milioni di cinesi a isolamento, quarantene e chiusure totali mentre nel resto del mondo si e' tornati alla normalita'. Centinaia di studenti dell'Universita' Tsinghua di Pechino hanno partecipato alle proteste. Disordini sono avvenuti anche a Shanghai dove i dimostranti hanno sollevato fogli di carta bianchi, simbolo della protesta contro la censura, e fiori bianchi. Intanto l'emittente nazionale britannica BBC ha denunciato l'arresto e le violenze della polizia cinese sul proprio inviato, incaricato di seguire le proteste di Shanghai contro la restrizione draconiana del governo sul Covid. Un portavoce dell'emittente ha dichiarato che BBC e' molto preoccupata per come viene trattato il giornalista, ammanettato mentre copriva le proteste. Il reporter ha dichiarato di essere stato picchiato e colpito dagli agenti della polizia cinese mentre stava documentando i disordini.
Franco de Stefani