Le battaglia per la difesa di nomi e tradizioni del vino supera i confini dell’Unione europea: se infatti l’Italia ha perso la battaglia sul Tocai con l’Ungheria, e ha ingaggiato con la Croazia quella sul Prošek, ora anche la Francia deve far fronte all’attacco di Mosca al suo vino più famoso e consumato nel mondo, lo Champagne.
Lo stesso Vladimir Putin ha firmato una legge che declassa lo Champagne francese, assegnandogli il più generico titolo di “spumante”. Come se non bastasse, la legge prevede che il termine “Champagne” continui invece a essere utilizzato per le bottiglie prodotte in Russia, ottenute fra l’altro con un procedimento completamente diverso rispetto al classico Champagne francese.
La reazione della Francia è stata immediata, e non sembra ammettere discussioni, anche perché il termine Champagne è direttamente legato al metodo di produzione e alla regione di origine: Moet & Chandon, Veuve Cliquot e Dom Perignon, tre delle case più famose, hanno immediatamente bloccato le esportazioni in Russia, e anche il colosso francese del lusso Lvmh ha deciso di fermare, seppur temporaneamente, l'export di Champagne.
Non è però solo una questione di principio o commerciale, in un mercato, come quello russo, che ogni anno importa qualcosa come 50 milioni di litri fra spumante e champagne, sei dei quali di origine francese: il nome Champagne è una denominazione d'origine protetta, che indica la provenienza del luogo di produzione, e un cambio di nome per il mercato russo, eventualità che peraltro non viene nemmeno presa in considerazione dai francesi, richiederebbe la certificazione delle bevande e una nuova etichettatura.
Il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, un’organizzazione che raggruppa sia i viticoltori sia i commercianti dello Champagne, ha chiesto l’intervento dei diplomatici francesi ed europei per provare a far cambiare una legge definita “inaccettabile”, mentre un portavoce della Commissione Europea ha detto che l’Unione Europea “farà tutto ciò che è necessario per manifestare il suo disaccordo e la sua preoccupazione.
Ancora non è chiaro quali ripercussioni potrebbe avere una conferma della decisione da parte di Mosca: molti produttori e distributori russi minimizzano, ma c’è anche chi conferma che solo l’idea di non poter più consumare Champagne abbia già messo in allarme l’alta società russa.
Si tratta però di una situazione che potrebbe avere risvolti anche positivi per altri paesi produttori, come l’Italia, che nel primo trimestre del 2021 ha visto un aumento del 37 per cento nelle esportazioni di spumante italiano in Russia, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in particolare di Prosecco e Asti.
Alessandro Martegani